Cesare Previti era un avvocato

Silvia Surano 08/06/11
A distanza di un mese dalla pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il chiasso intorno alla vicenda si è sopito e il caso della radiazione di Cesare Previti è stato archiviato come un atto dovuto sul quale, finalmente, è posta la parola “fine”.

A distanza di un mese non si parla più del caso IMI-SIR, del processo SME o del Lodo Mondadori.

A distanza di un mese, come succede per tutte le vicende cui viene data – a torto o a ragione –  una connotazione fortemente politica, il plauso generale ha lasciato velocemente spazio ad altre questioni più “attuali”.

Di certo non si può pretendere che venga taciuto o messo in secondo piano il ruolo che Cesare Previti, ex Ministro della Difesa, abbia avuto per la politica del nostro Paese. Sono, però, stupita dal fatto che sia stato dato poco rilievo ad un aspetto importante: lo stesso Previti, per decenni, è stato visto da tutti anche come un rappresentante di un ordine professionale, quello degli avvocati.

Se questo “dettaglio” può non interessare al cittadino comune, sicuramente più attento alla condotta di chi lo governa, mi sarei aspettata una reazione maggiore da parte di coloro che il titolo di avvocato cercano di difenderlo giorno dopo giorno.

Il procedimento disciplinare nei confronti dell’avv. Cesare Previti, avviato nel 1999 a seguito del rinvio a giudizio formulato dalla Procura della Repubblica di Milano per la presunta (poi confermata) corruzione dei magistrati chiamati a decidere sul contenzioso IMI-SIR, si è concluso nel maggio 2006. Sono poi seguiti l’impugnazione dinanzi al Consiglio Nazionale Forense e il ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione, entrambi rigettati.

Il responso definitivo è stata la radiazione dall’albo degli avvocati.

Tra le sanzioni disciplinari irrogabili, la radiazione è la più grave che sia prevista dall’art. 40 della Legge professionale forense (Regio Decreto-Legge n. 1578/1933) e comporta, al pari della cancellazione, la privazione della possibilità di esercitare la professione per un tempo illimitato.

Se gli effetti sono gli stessi (la cancellazione dall’albo e la perdita del titolo di avvocato), qual è la differenza tra l’una è l’altra sanzione? Il discrimine sta nella gravità della condotta tenuta dal professionista e quindi sanzionata.

L’art. 41 della l.p.f. così recita: “La radiazione è pronunciata contro l’avvocato o il procuratore che abbia comunque, con la sua condotta, compromesso la propria reputazione e la dignità della classe forense”.

Su questo dovremmo porre la nostra attenzione: Cesare Previti, personaggio pubblico e particolarmente in vista, esercitando la professione e anteponendo per anni al suo nome il titolo di “avvocato”, con la sua condotta penalmente rilevante ha compromesso la dignità della classe forense.

A causa di questo e di altri episodi, noi, la classe forense, stiamo pagando e pagheremo serie conseguenze: il prezzo è la graduale perdita di credibilità e di fiducia. Il risultato è il comune sentire di fronte al nostro serio, prezioso e difficile lavoro.

Silvia Surano

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