I giudici di legittimità, con sentenza n. 48433/2013, hanno confermato la condanna inflitta dalla Corte d’Appello del luogo nei confronti del dipendente di una società di servizi ambientali, che aveva tentato una truffa ai danni dell’azienda. Come constatato dai giudici di Cassazione, “la mancata truffa, se consumata, avrebbe comportato un danno patrimoniale complessivamente inferiore ai trenta euro”, un cifra irrisoria, ancor di più se confrontata con il patrimonio netto della società di valore complessivo intorno a 80 milioni di euro.
Il dipendente si è trovato così ad essere condannato a due mesi e venti giorni di reclusione, a centotrenta euro di multa e a duemila euro di spese processuali per il reato ascrittogli.
Non è in dubbio che la sentenza in esame, depositata il 4 dicembre, genererà molte critiche e discussioni, in virtù dell’applicazione del generale principio di offensività del reato, codificato all’articolo 49, secondo comma, del Codice Penale (“la punibilità è altresì esclusa quando […] è impossibile l’evento dannoso o pericoloso”).
Di ciò, gli ermellini sembrano comunque di averne tenuto conto, soprattutto nella motivazione della sentenza. I giudici di Cassazione hanno constatato che la “modesta o modestissima” entità del danno patrimoniale non rende impunibile la condotta criminosa. “Né potrebbe essere diversamente poiché il principio stabilito dall’articolo 129, secondo comma, del progetto di Costituzione approvato dalla Commissione bicamerale nell’ottobre del 1997, che recitava ‘non è punibile chi ha commesso un fatto previsto come reato nel caso in cui esso non abbia determinato una concreta offensività’, è stato travolto dal fallimento della bicamerale e non è penetrato nell’ordinamento costituzionale neanche con la riforma dell’articolo 111 della Costituzione”.
I tentativi di riforma in questo ambito dell’ordinamento non sono mancati ma sono naufragati in seguito alle vicende politiche. Ancora una volta è generalmente sentita la necessità di una riforma della giustizia che possa uniformarsi ai principi costituzionali e all’inarrestabile evoluzione della società. Urge che la politica si disinteressi delle questioni irrilevanti e si faccia carico di una concreta riforma del diritto penale.
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