Malattia e cassa integrazione, come funziona il conteggio: chiarimenti Inps ed esempi

Paolo Ballanti 14/05/20
L’INPS è intervenuta con il messaggio n. 1822 del 30 Aprile 2020 per chiarire il rapporto tra malattia e cassa integrazione a beneficio di tutti quei lavoratori e aziende che nei mesi scorsi e ancora oggi sono coinvolti negli eventi speciali di CIG introdotti con il Decreto “Cura Italia” a seguito del diffondersi del virus COVID-19.

Le indicazioni dell’Istituto ricalcano quanto già previsto finora in merito al rapporto tra malattia e gli eventi ordinari di CIGO, CIGS, Cassa in deroga e FIS.

Analizziamo la questione nel dettaglio.

Decreto Maggio: la nuova Cassa integrazione

Rapporto tra malattia e Cassa integrazione ordinaria COVID-19

Sul rapporto tra malattia e CIGO è necessario distinguere tra sospensione a zero ore e riduzione di orario. Nel primo caso (sospensione a zero ore) se la malattia è sorta prima dell’inizio della Cassa integrazione si configurano due ipotesi:

  • Se l’intero personale in forza presso l’ufficio, reparto o squadra cui appartiene il lavoratore è in CIGO, anche chi è in malattia entra in Cassa dall’inizio della stessa;
  • L’assenza del lavoratore resta qualificata come malattia anche durante la Cassa se non risulta sospeso l’intero personale in forza presso l’ufficio, reparto o squadra di cui l’interessato fa parte.

Facciamo l’esempio del dipendente Tizio addetto all’ufficio acquisti in malattia dal 12 febbraio al 30 aprile 2020. Dal giorno 11 marzo 2020 l’azienda sospende l’intero personale dell’ufficio acquisti ricorrendo alla CIGO per COVID-19. Il dipendente Tizio sarà considerato:

  • Assente in malattia dal 12 febbraio al 10 marzo;
  • Assente in CIGO dal giorno 11 marzo.

Per gli eventi di malattia che si verificano durante la Cassa integrazione con sospensione a zero ore prevale sempre quest’ultima e il lavoratore non è nemmeno tenuto a comunicare all’INPS e al datore di lavoro lo stato di malattia.

Nei casi invece di riduzione dell’orario di lavoro prevale sempre la malattia.

Rapporto tra malattia e Cassa integrazione in deroga COVID-19

Come ha chiarito l’INPS nel messaggio n. 1822 le regole previste per la CIGO si applicano anche ai trattamenti di Cassa integrazione in deroga con causale COVID-19.

Rapporto tra malattia e assegno ordinario FIS COVID-19

Le regole delineate per la Cassa integrazione sia ordinaria che in deroga valgono anche per l’assegno ordinario FIS.

Come applicare le regole al caso concreto: sospensione a zero ore

In che modo capire se la Cassa integrazione è caratterizzata da una sospensione a zero ore o da riduzione di orario?

La sospensione si caratterizza per l’assenza di ore lavorate da parte del dipendente che sarà al 100% in Cassa integrazione.

Prendiamo l’esempio del dipendente Caio che nel mese di Marzo 2020 avrebbe dovuto lavorare 176 ore in virtù di un orario full time pari a 40 ore settimanali distribuito su 5 giorni.

A Marzo il programma della CIGO (iniziata il 1° marzo 2020) prevede un’assenza di Caio per 176 ore, pari alla totalità delle ore lavorabili nel mese. In questo caso si parla di sospensione a zero ore.

Un’eventuale malattia di Caio verificatasi mentre lo stesso è in Cassa sarà qualificata come tale e non come evento morboso.

Al contrario una malattia di Caio con prognosi decorrente dal 10 febbraio 2020 e protrattasi anche a Marzo dovrà essere trattata:

  • Come CIGO se la totalità degli appartenenti all’ufficio di Caio sono in sospesi;
  • Come malattia (fino al termine della prognosi) se non tutti gli appartenenti all’ufficio di Caio sono sospesi.

Riduzione di orario

Si parla di riduzione di orario nei casi in cui il dipendente continua a lavorare per una parte delle ore previste contrattualmente.

Riprendiamo il caso di Caio. A Marzo avrebbe dovuto svolgere 120 ore di lavoro e 56 ore di Cassa integrazione, pertanto la CIGO si qualifica come “riduzione di orario”. In questo frangente un evento di malattia iniziato il 10 marzo sarebbe trattato come tale fino al termine della prognosi.

Concetto di ufficio, reparto o squadra

Per qualificare l’assenza come malattia o CIG in caso di sospensione a zero ore, per gli eventi morbosi iniziati prima della Cassa si dovrà esaminare se l’ufficio cui appartiene il dipendente interessato è stato interamente sospeso dal lavoro o meno.

Si ritiene opportuno di considerare la mansione del lavoratore e il reparto / ufficio cui questi appartiene a prescindere dalla sede di lavoro. Prendiamo l’esempio di un’azienda con sede a Roma, Milano e Torino. A Roma c’è un solo dipendente (Mario Rossi) dell’ufficio marketing mentre a Milano e Torino se ne contano rispettivamente 5 e 8.

L’azienda ricorre alla CIGO con decorrenza 1° Marzo sospendendo l’attività dell’intero ufficio marketing. Pertanto, anche il dipendente Mario Rossi in malattia dal 10 febbraio 2020 sarà da considerare in Cassa integrazione a partire dal 1° Marzo 2020.

Naturalmente, a seconda dei dipendenti considerati e dell’organizzazione aziendale, si dovrà assumere come criterio quello della situazione del “reparto” o “squadra”.

Conseguenze retributive

Qualificare un evento come malattia o Cassa integrazione ha importanti conseguenze dal punto di vista retributivo.

Nel caso della malattia, la retribuzione dell’assenza spetta:

  • All’INPS con integrazione da parte del datore di lavoro se prevista dal contratto collettivo, fino a raggiungere (a seconda di quanto prevede il CCNL) il 100% della retribuzione che sarebbe spettata se il malato fosse stato al lavoro;
  • Interamente al datore di lavoro, nell’ammontare previsto dal CCNL applicato (che può arrivare fino al 100% della normale retribuzione).

Prendiamo il caso di un impiegato (retribuzione lorda mensile pari ad euro 1.400,00) full time 40 ore settimanali per 5 giorni cui spetta l’indennità a carico dell’INPS, con integrazione dell’azienda fino ad arrivare al 100% della retribuzione.

Questi è stato assente a Marzo 2020 per 7 giorni, di cui i primi 3 sono interamente a carico dell’azienda (cosiddetta “carenza”), mentre i restanti sono indennizzati dall’INPS in misura pari al 50% della retribuzione globale giornaliera.

L’importo totale spettante al dipendente per la malattia sarebbe pari a:

Carenza euro 161,54 + Indennità INPS euro 108,92 + Integrazione azienda euro 95,44 = 365,90 euro.

La stessa assenza di 7 giorni se fosse stata qualificata come CIGO avrebbe generato una retribuzione pari a:

5,34028 (massimale orario previsto dall’INPS) * 56 ore di assenza per CIGO = 299,06 euro.

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Mai come in questo periodo il tema degli ammortizzatori sociali è stato così sentito dall’intero sistema produttivo. In occasione della pandemia Covid19 ed alle conseguenti chiusure degli esercizi commerciali e dei siti produttivi il ricorso agli ammortizzatori sociali ha coinvolto praticamente tutto il mondo del lavoro. Un vero stress-test dell’impianto disegnato dal D.lgs 148/15. Il decreto legislativo, inserito nella più ampia manovra passata alla storia come JobsAct, traendo esperienza dalla crisi del 2009 ha previsto al fianco degli ammortizzatori sociali “storici” (il sistema della cassa integrazione ordinaria e straordinaria) una copertura rispetto a settori, fino a quel momento, poco interessati alla gestione di temporanee crisi d’impresa. Le considerazioni che si possono fare a valle del dramma Coronavirus, ed alle conseguenze che lo stesso ha determinato nel mondo del lavoro ed al nuovo assetto che ne deriva degli ammortizzatori sociali, sono diverse. Partirei dal porre quattro questioni che ritengo primarie:1) ha senso disegnare tanti sistemi e procedure diverse per affrontare i medesimi problemi? Non sarebbe più corretto giungere ad un meccanismo unico per rispondere alle crisi d’impresa?2) in che rapporto si deve porre sistema di ammortizzatori conservativi con un meccanismo di politiche attive del lavoro che favorisca la mobilità e la ricollocazione della forza lavoro?3) se il beneficiario dell’ammortizzatore sociale è il lavoratore come inquadrare l’inadempienza contributiva del datore di lavoro? Quali le sue conseguenze?4) chi deve pagare il sistema di ammortizzatori sociali? Il mondo del lavoro o la fiscalità generale?Sono quesiti importantissimi quelli che ci lascia come eredità la crisi della pandemia del 2020. Per provare a fornire una complessiva, sia pure in termini generali, risposta ritengo che sia necessario partire dalla valutazione di quello che ha funzionato e quello che non ha funzionato in questi mesi.Avere tanti strumenti differenti suddivisi per tipologia e dimensione d’impresa crea una difficoltà enorme di gestione del sistema obbligando sia gli operatori professionali (consulenti del lavoro) che la PA ad impiantare, conoscere e manutenere sistemi tecnologici differenti. La tecnologia in una situazione del genere diventa un amplificatore di burocrazia. Esattamente il contrario dell’approccio digitale ai problemi. Un sistema non si semplifica trasformando moduli cartacei in digitali, si semplifica utilizzando l’analisi digitale per un suo ripensamento. Quindi uno strumento “tagliato su misura” per ogni impresa non diventa sinonimo di strumento idoneo, al contrario crea una babele di procedure nella quale è difficile districarsi. A tutto ciò deve aggiungersi che il D.lgs 148 ha previsto la creazione di ammortizzatori sociali di comparto, i fondi bilaterali, creati dalle forze sociali di settore. Un simile impianto prevede un presupposto fondamentale. La chiarezza di chi sia rappresentativo di un settore e quale sia la contrattazione collettiva di effettivo riferimento. Senza di ciò il sistema di finanziamento di questi fondi rischia di entrare in quel complesso di dubbi interpretativi che ha sempre accompagnato gli istituti presenti nella cd. “parte obbligatoria” del CCNL alla stregua degli enti bilaterali, della sanità integrativa o della previdenza complementare. In definitiva se non si parte dalla vigenza erga omnes di talune disposizioni diventa impossibile pretendere la contribuzione e, conseguentemente in un sistema puramente assicurativo, la prestazione.Veniamo al punto successivo. In mancanza di contribuzione manca la prestazione. Questo è evidente in un impianto assicurativo classico ma il concetto è difficilmente traslabile in un meccanismo di sicurezza sociale in cui il contraente (datore di lavoro) ed il beneficiario (lavoratore) sono soggetti diversi. La prestazione consente di evitare il licenziamento del lavoratore ed il mantenimento del rapporto di lavoro sia pure in fase di temporanea sospensione. Si evita di generare disoccupazione involontaria. Pertanto, in ossequio all’art. 38 Cost., dovrebbe valere, per ogni tipologia di ammortizzatore, il principio dell’automaticità della prestazione fermo restando l’obbligo contributivo del datore di lavoro.   Altro tema importante è quello relativo alla funzione propria degli ammortizzatori sociali. Il nome stesso “ammortizzatore” evoca la funzione di quel meccanismo che serve ad evitare colpi improvvisi ed a superare dossi o avvallamenti stradali con il minor danno possibile. Sul punto il richiamato D.lgs 148/15 aveva ben introdotto meccanismi che impedissero l’attivazione degli strumenti per funzioni diverse (pensiamo al caso di cessazione dell’attività aziendale) promuovendo in tali circostanze meccanismi di presa in carico del lavoratore da parte dei servizi di ricollocazione con supporto della assicurazione sociale per l’impiego (naspi). Negli anni questi concetti sono stati un po’ lasciati in disparte dal sistema che ha preferito “tornare all’antico” accantonando la ricollocazione dei lavoratori, propria delle politiche attive del lavoro, e privilegiando il sostegno al mancato reddito riprendendo quindi temi di politiche passive del lavoro. Un meccanismo così impostato rende difficile ipotizzare riprese occupazionali visto anche il dichiarato e mai realizzato potenziamento tecnico/organizzativo dei centri per l’impiego ai quali l’avvento della figura dei “navigator” non ha fornito alcun beneficio concreto.Ultimo tema sollevato è quello relativo al finanziamento degli ammortizzatori sociali. La questione è molto ampia e delicata. Mi limito solo a segnalare che la risposta dipenderà dalla funzione che il sistema darà agli stessi. Se rimanessero nell’alveo di uno strumento temporaneo di “sicurezza aziendale” il loro costo non potrà che essere a carico delle imprese e dei lavoratori. Se invece si evolvesse a meccanismo di generale ed universale difesa dalla povertà (reddito di cittadinanza), ancorchè temporanea, del lavoratore potrebbe aprirsi un tema di riconsiderare come destinatario del costo non il mondo del lavoro ma l’intera collettività. In questo caso l’aggravio per la fiscalità generale sarebbe compensato dal minor onere per le imprese che potrebbe tradursi con maggior gettito salariale e quindi maggior introito fiscale.Tematiche ampie e strutturali. Sicuramente lo stress test Covid19 non passerà inosservato anche in tema di ammortizzatori sociali che saranno probabilmente ristrutturati. Come ogni crisi, anche questa, avrà come conseguenza elementi di miglioramento. L’economista Joseph Schumpeter insegnava che proprio dalla crisi, la cui etimologia greca fa riferimento al cambiamento, deriva ogni miglioramento sociale. Speriamo valga anche questa volta.Paolo Stern – presidente Nexumstp S.p.A.Paolo SternConsulente del Lavoro in Roma. Socio fondatore di Nexumstp Spa. Autore di numerose pubblicazioni in materia di lavoro e relatore a convegni e seminari. Professore a contratto presso università pubbliche e private.Sara Di NinnoDottore in Scienze politiche e Relazioni internazionali, collaboratrice area normativa del lavoro presso Nexumstp Spa. Specializzata in Diritto del lavoro e Relazioni industriali, è dottore di ricerca in Diritto pubblico, comparato ed internazionale, con tema di ricerca in Diritto del lavoro internazionale, e docente in corsi di formazione in materia di disciplina del rapporto di lavoro.Massimiliano Matteucci Consulente del Lavoro in Roma, Socio Nexumstp spa. Laureato in Economia. Specializzato in normativa di Diritto del lavoro e previdenza sociale. Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto del lavoro dell’Università La Sapienza di Roma e preso l’Università Niccolò Cusano di Roma. Membro del Centro Studi dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro Roma, relatore a convegni e seminari. È articolista per la rivista TWOC dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma. Consulente Asseveratore Asseco.Lorenzo Sagulo Laureato in Economia e Gestione delle imprese all’Università degli Studi “Roma Tre”. Collabora con Nexumstp Spa nell’area consulenza del lavoro. È specializzato in normativa di Diritto del lavoro e relazioni industriali. 

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