In particolare, l’articolo 10-bis estende fino al 31 marzo prossimo la possibilità di inviare all’INPS le istanze di accesso agli ammortizzatori sociali nonché i modelli per il pagamento diretto della Cassa, i cui termini sono spirati entro il 31 dicembre 2020.
La moratoria investe le procedure di sostegno al reddito per quei lavoratori che si sono visti sospendere o ridurre l’attività lavorativa, a causa degli effetti economici e produttivi dell’emergenza COVID-19.
Restano esclusi dalla proroga i termini per l’invio delle domande di Cassa introdotte dalla Legge di bilancio 2021, pari a 12 settimane decorrenti dallo scorso 1° gennaio. Per tali trattamenti resta confermata la scadenza, in sede di prima applicazione della normativa, del 28 febbraio 2021.
Analizziamo la questione nel dettaglio.
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Cassa integrazione Covid: moratoria
L’articolo 10-bis del testo approvato in Senato prevede uno slittamento al 31 marzo 2021 dei termini per l’invio di:
- Domande di integrazione salariale con causale “COVID-19” scadute entro il 31 dicembre 2020;
- Dati necessari per il pagamento ed il saldo della Cassa integrazione scaduti entro il 31 dicembre 2020.
La moratoria investe pertanto i periodi di Cassa introdotti nel 2020 per le aziende che sospendono o riducono l’attività a causa dell’emergenza COVID-19. Si parla, per intenderci, delle settimane di CIG previste a partire dal Decreto “Cura Italia” (D.l. n. 18/2020 convertito in L. n. 27/2020) al fine di fronteggiare i primi effetti del lockdown sul tessuto economico e produttivo italiano.
La decisione ha lo scopo di agevolare imprese e professionisti, chiamati a dover affrontare una copiosa serie di provvedimenti normativi conseguenti all’emergenza epidemiologica che, in alcuni casi, hanno prodotto incertezze e difficoltà nella gestione degli ammortizzatori sociali.
Cassa integrazione Covid: termini ed effetti della decadenza
Ricordiamo che l’accesso agli ammortizzatori sociali è soggetto ad apposita istanza inoltrata in via telematica all’INPS, entro precisi termini da rispettare a pena di decadenza.
Due sono gli adempimenti richiesti:
- Invio delle domande di Cassa sul portale INPS;
- Invio dei dati per il pagamento diretto della Cassa integrazione ai dipendenti (nei casi in cui l’azienda sceglie tale opzione) attraverso i cosiddetti modelli “SR41”.
In entrambe le ipotesi l’omesso o tardivo adempimento comporta che l’azienda deve farsi carico della retribuzione per le ore non lavorate dai dipendenti.
Questo significa:
- Sostenere gli oneri retributivi;
- Sostenere il pagamento dei contributi INPS sulle ore lavorate;
- Sostenere i costi futuri rappresentati dalla maturazione di ferie, permessi, mensilità aggiuntive e TFR rispetto alle ore non lavorate a carico dell’azienda.
Cassa integrazione Covid: coperture
Per finanziare la moratoria (articolo 10-ter) vengono destinati 3,2 milioni di euro a valere sull’anno corrente.
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Cassa integrazione Covid: 12 settimane CIG nella Legge di bilancio 2021
La moratoria concessa dal Milleproroghe non interessa le 12 settimane di Cassa integrazione introdotte dalla Legge numero 178 del 30 dicembre 2020 (Legge di bilancio 2021).
Il testo ha infatti previsto, a beneficio delle imprese che sospendono o riducono l’attività per motivi connessi all’emergenza COVID-19, ulteriori periodi di ammortizzatori sociali con decorrenza 1° gennaio 2021 e sino al:
- 31 marzo 2021 per le domande di Cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO);
- 30 giugno 2021 per le richieste di assegno ordinario erogato dal FIS e Cassa integrazione guadagni in deroga (CIGD).
Cassa integrazione Covid: termine per l’invio delle domande
Il termine per la presentazione delle domande (a pena di decadenza), ordinariamente previsto entro la fine del mese successivo quello di inizio della sospensione o riduzione di orario, è stato fissato, in sede di prima applicazione della normativa, al 28 febbraio 2021. Data, quest’ultima, non toccata dal Milleproroghe.
Si ricorda peraltro che, come precisato dall’INPS con la circolare numero 28/2021, il regime decadenziale si intende solo con riferimento al periodo oggetto della domanda rispetto al quale sono scaduti i termini.
In caso infatti di una richiesta di Cassa plurimensile, la decadenza investirà solo le settimane in relazione alle quali il termine è scaduto, procedendo l’INPS ad un accoglimento parziale per il periodo residuo.
Cassa integrazione Covid: invio modelli “SR41”
Il termine per l’invio all’INPS dei modelli “SR41” o “SR43” semplificati, necessari all’Istituto per procedere al pagamento diretto ai dipendenti della Cassa integrazione, è previsto entro:
- Il termine del mese successivo quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale;
- Se più favorevole rispetto al termine di cui al punto precedente, entro 30 giorni dalla notifica via PEC del provvedimento di autorizzazione.
Ricordiamo che, con riferimento alle domande di CIG COVID-19, la possibilità per l’azienda di ottenere il pagamento diretto della Cassa, senza anticipare nulla ai dipendenti, è ammesso a prescindere dalla presentazione dei documenti comprovanti le difficoltà finanziarie del datore di lavoro.
Inoltre, per le domande di Cassa integrazione ordinaria, in deroga nonché assegno a carico del FIS a pagamento diretto INPS, entro 15 giorni dall’inizio della sospensione o riduzione del lavoro, è possibile chiedere l’anticipo ai dipendenti del 40% delle spettanze.
Il saldo è subordinato all’invio dei modelli “SR41” semplificati entro i termini ordinari.
Cassa integrazione Covid: pagamento
Come sopra esposto, le somme a carico dell’INPS per effetto delle ore non lavorate, possono essere:
- Anticipate dall’azienda in busta paga, salvo poi recuperarle con modello F24 una volta autorizzata la domanda;
- In alternativa, pagate direttamente dall’INPS ai lavoratori beneficiari.
L’opzione è ammessa per i trattamenti di Cassa integrazione ordinarie ed assegno erogato dal FIS. Al contrario per gli eventi di Cassa in deroga è previsto esclusivamente il pagamento diretto INPS, eccezion fatta per i trattamenti autorizzati in favore delle aziende plurilocalizzate, quelle, per intenderci, che ai sensi del Decreto “Cura Italia” hanno inizialmente presentato le domande di Cassa al Ministero del lavoro anziché all’INPS.
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