Non solo, i dipendenti in forza al 9 novembre potranno accedere alla nuova tranche di sei settimane, introdotta dal Decreto “Ristori” (D.l. n. 137/2020), riservata alle aziende che abbiano completamente esaurito le diciotto settimane di cui al D.l. “Agosto”.
Facciamo chiarezza analizzando la disciplina nel dettaglio.
Cassa integrazione: 18 settimane con Decreto Agosto
Il Decreto legge n. 104 del 14 agosto 2020 (cosiddetto Decreto “Agosto”) ha riscritto all’articolo 1 l’impianto degli ammortizzatori sociali con causale “COVID-19”.
Vengono infatti previste 18 settimane complessive di sostegno al reddito, dal 13 luglio 2020 al 31 dicembre 2020, per le imprese che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza COVID-19.
In particolare, i periodi di cassa integrazione vengono riconosciuti attraverso una prima tranche di nove settimane. Alla proroga potranno accedere solo le imprese che hanno esaurito (e per il quale è interamente decorso) il primo periodo autorizzato.
Eventuali domande di cassa richieste ai sensi della normativa precedente, che interessano periodi successivi al 12 luglio 2020 saranno imputati alle nove settimane del Decreto “Agosto”.
Cassa integrazione: costi per le imprese
L’accesso alle prime nove settimane non comporta alcun costo aggiuntivo per le imprese. Discorso diverso per la proroga. In questo caso è richiesto un contributo addizionale da versare all’INPS, calcolato sulla retribuzione globale che sarebbe spettata al dipendente per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione di orario.
Il contributo è pari a:
- 9% della retribuzione globale per le imprese che hanno avuto una riduzione del fatturato nel primo semestre 2020 inferiore al 20% rispetto allo stesso periodo del 2019;
- 18% della retribuzione globale per le imprese che non hanno subito alcun calo di fatturato.
Nulla è dovuto per le imprese che hanno visto ridursi il volume d’affari in misura superiore al 20% ovvero hanno avviato l’attività in epoca successiva al 1º gennaio 2019.
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Ammortizzatori sociali inclusi
Le 18 settimane del Decreto “Agosto” interessano gli eventi di Cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario erogato dal FIS e Cassa integrazione in deroga, richiesti con causale “COVID-19”.
Limitatamente agli operai e impiegati a tempo indeterminato dipendenti di imprese agricole è previsto l’intervento della Cassa integrazione speciale operai agricoli (CISOA) per un massimo di cinquanta giorni dal 13 luglio 2020 al 31 dicembre 2020.
Lavoratori in forza al 13 luglio 2020
Prima dell’intervento del “Ristori-quater” le diciotto settimane di ammortizzatori previste dal Decreto “Agosto” erano estese ai soli lavoratori in forza al 13 luglio 2020.
Cassa integrazione: novità Ristori Quater
Il Decreto legge n. 157 del 30 novembre 2020 (cosiddetto Ristori Quater) prevede all’articolo 13 che i trattamenti di Cassa integrazione disciplinati dal Decreto “Agosto” siano applicabili anche ai lavoratori in forza alla data del 9 novembre 2020, data di entrata in vigore del Decreto “Ristori-bis”.
La misura, pertanto, amplia notevolmente la platea dei possibili beneficiari degli strumenti di sostegno al reddito, aprendo anche a chi è in forza al 9 novembre l’accesso alle diciotto settimane previste dal Decreto n. 104.
Cassa integrazione: altre 6 settimane col dl Ristori
In considerazione del protrarsi dell’emergenza epidemiologica, il Decreto legge n. 137 del 28 ottobre 2020, o meglio, il Decreto Ristori ha previsto altre 6 settimane di ammortizzatori sociali con causale “COVID-19” nel periodo compreso tra il 16 novembre 2020 e il 31 gennaio 2021.
Possono accedere agli ammortizzatori del “Ristori” le sole aziende che abbiano esaurito le precedenti diciotto settimane del Decreto “Agosto”, nonché i datori di lavoro appartenenti ai settori interessati dal Decreto del Presidente del consiglio dei ministri (DPCM) del 24 ottobre 2020.
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L’accesso alle sei settimane è soggetto al contributo addizionale, calcolato sulla retribuzione globale spettante per le ore non prestate a seguito della riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, in misura pari a:
- 9% della retribuzione globale per le aziende hanno subito una riduzione del fatturato nel primo semestre 2020 inferiore al 20% rispetto allo stesso periodo del 2019;
- 18% della retribuzione globale per le imprese che non hanno subito alcun calo di fatturato.
Il contributo non è dovuto per le imprese che hanno visto ridursi il volume d’affari in misura superiore al 20%, hanno avviato l’attività in epoca successiva al 1º gennaio 2019 ovvero appartengono ai settori interessati dal DPCM del 24 ottobre 2020.
I destinatari delle sei settimane sono tutti i lavoratori dipendenti in forza alla data del 9 novembre 2020, a seguito della modifica intervenuta ad opera del Decreto “Ristori-bis” (D.l. n. 149 del 9 novembre 2020).
Cassa integrazione: regole anzianità di servizio
Ricordiamo che l’accesso agli ammortizzatori sociali con causale “COVID-19” è previsto per i lavoratori dipendenti a prescindere dal requisito dell’anzianità di servizio presso l’unità produttiva interessata dalla Cassa, normalmente richiesto in misura pari a novanta giorni.
Cassa integrazione: trasferimento d’azienda
Ai fini del rispetto del requisito del 9 novembre 2020, nelle ipotesi di trasferimento d’azienda o di subentro presso la nuova ditta nei casi di cambio d’appalto, si considerano anche i periodi in cui il dipendente è stato in forza presso il precedente datore di lavoro, come chiarito dalla circolare INPS n. 47 del 28 marzo 2020.
Libri ed E-book utili:
CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI E CONTRATTI DI SOLIDARIETÀ – e-Book
Mai come in questo periodo il tema degli ammortizzatori sociali è stato così sentito dall’intero sistema produttivo. In occasione della pandemia Covid19 ed alle conseguenti chiusure degli esercizi commerciali e dei siti produttivi il ricorso agli ammortizzatori sociali ha coinvolto praticamente tutto il mondo del lavoro. Un vero stress-test dell’impianto disegnato dal D.lgs 148/15. Il decreto legislativo, inserito nella più ampia manovra passata alla storia come JobsAct, traendo esperienza dalla crisi del 2009 ha previsto al fianco degli ammortizzatori sociali “storici” (il sistema della cassa integrazione ordinaria e straordinaria) una copertura rispetto a settori, fino a quel momento, poco interessati alla gestione di temporanee crisi d’impresa. Le considerazioni che si possono fare a valle del dramma Coronavirus, ed alle conseguenze che lo stesso ha determinato nel mondo del lavoro ed al nuovo assetto che ne deriva degli ammortizzatori sociali, sono diverse. Partirei dal porre quattro questioni che ritengo primarie:1) ha senso disegnare tanti sistemi e procedure diverse per affrontare i medesimi problemi? Non sarebbe più corretto giungere ad un meccanismo unico per rispondere alle crisi d’impresa?2) in che rapporto si deve porre sistema di ammortizzatori conservativi con un meccanismo di politiche attive del lavoro che favorisca la mobilità e la ricollocazione della forza lavoro?3) se il beneficiario dell’ammortizzatore sociale è il lavoratore come inquadrare l’inadempienza contributiva del datore di lavoro? Quali le sue conseguenze?4) chi deve pagare il sistema di ammortizzatori sociali? Il mondo del lavoro o la fiscalità generale?Sono quesiti importantissimi quelli che ci lascia come eredità la crisi della pandemia del 2020. Per provare a fornire una complessiva, sia pure in termini generali, risposta ritengo che sia necessario partire dalla valutazione di quello che ha funzionato e quello che non ha funzionato in questi mesi.Avere tanti strumenti differenti suddivisi per tipologia e dimensione d’impresa crea una difficoltà enorme di gestione del sistema obbligando sia gli operatori professionali (consulenti del lavoro) che la PA ad impiantare, conoscere e manutenere sistemi tecnologici differenti. La tecnologia in una situazione del genere diventa un amplificatore di burocrazia. Esattamente il contrario dell’approccio digitale ai problemi. Un sistema non si semplifica trasformando moduli cartacei in digitali, si semplifica utilizzando l’analisi digitale per un suo ripensamento. Quindi uno strumento “tagliato su misura” per ogni impresa non diventa sinonimo di strumento idoneo, al contrario crea una babele di procedure nella quale è difficile districarsi. A tutto ciò deve aggiungersi che il D.lgs 148 ha previsto la creazione di ammortizzatori sociali di comparto, i fondi bilaterali, creati dalle forze sociali di settore. Un simile impianto prevede un presupposto fondamentale. La chiarezza di chi sia rappresentativo di un settore e quale sia la contrattazione collettiva di effettivo riferimento. Senza di ciò il sistema di finanziamento di questi fondi rischia di entrare in quel complesso di dubbi interpretativi che ha sempre accompagnato gli istituti presenti nella cd. “parte obbligatoria” del CCNL alla stregua degli enti bilaterali, della sanità integrativa o della previdenza complementare. In definitiva se non si parte dalla vigenza erga omnes di talune disposizioni diventa impossibile pretendere la contribuzione e, conseguentemente in un sistema puramente assicurativo, la prestazione.Veniamo al punto successivo. In mancanza di contribuzione manca la prestazione. Questo è evidente in un impianto assicurativo classico ma il concetto è difficilmente traslabile in un meccanismo di sicurezza sociale in cui il contraente (datore di lavoro) ed il beneficiario (lavoratore) sono soggetti diversi. La prestazione consente di evitare il licenziamento del lavoratore ed il mantenimento del rapporto di lavoro sia pure in fase di temporanea sospensione. Si evita di generare disoccupazione involontaria. Pertanto, in ossequio all’art. 38 Cost., dovrebbe valere, per ogni tipologia di ammortizzatore, il principio dell’automaticità della prestazione fermo restando l’obbligo contributivo del datore di lavoro. Altro tema importante è quello relativo alla funzione propria degli ammortizzatori sociali. Il nome stesso “ammortizzatore” evoca la funzione di quel meccanismo che serve ad evitare colpi improvvisi ed a superare dossi o avvallamenti stradali con il minor danno possibile. Sul punto il richiamato D.lgs 148/15 aveva ben introdotto meccanismi che impedissero l’attivazione degli strumenti per funzioni diverse (pensiamo al caso di cessazione dell’attività aziendale) promuovendo in tali circostanze meccanismi di presa in carico del lavoratore da parte dei servizi di ricollocazione con supporto della assicurazione sociale per l’impiego (naspi). Negli anni questi concetti sono stati un po’ lasciati in disparte dal sistema che ha preferito “tornare all’antico” accantonando la ricollocazione dei lavoratori, propria delle politiche attive del lavoro, e privilegiando il sostegno al mancato reddito riprendendo quindi temi di politiche passive del lavoro. Un meccanismo così impostato rende difficile ipotizzare riprese occupazionali visto anche il dichiarato e mai realizzato potenziamento tecnico/organizzativo dei centri per l’impiego ai quali l’avvento della figura dei “navigator” non ha fornito alcun beneficio concreto.Ultimo tema sollevato è quello relativo al finanziamento degli ammortizzatori sociali. La questione è molto ampia e delicata. Mi limito solo a segnalare che la risposta dipenderà dalla funzione che il sistema darà agli stessi. Se rimanessero nell’alveo di uno strumento temporaneo di “sicurezza aziendale” il loro costo non potrà che essere a carico delle imprese e dei lavoratori. Se invece si evolvesse a meccanismo di generale ed universale difesa dalla povertà (reddito di cittadinanza), ancorchè temporanea, del lavoratore potrebbe aprirsi un tema di riconsiderare come destinatario del costo non il mondo del lavoro ma l’intera collettività. In questo caso l’aggravio per la fiscalità generale sarebbe compensato dal minor onere per le imprese che potrebbe tradursi con maggior gettito salariale e quindi maggior introito fiscale.Tematiche ampie e strutturali. Sicuramente lo stress test Covid19 non passerà inosservato anche in tema di ammortizzatori sociali che saranno probabilmente ristrutturati. Come ogni crisi, anche questa, avrà come conseguenza elementi di miglioramento. L’economista Joseph Schumpeter insegnava che proprio dalla crisi, la cui etimologia greca fa riferimento al cambiamento, deriva ogni miglioramento sociale. Speriamo valga anche questa volta.Paolo Stern – presidente Nexumstp S.p.A.Paolo SternConsulente del Lavoro in Roma. Socio fondatore di Nexumstp Spa. Autore di numerose pubblicazioni in materia di lavoro e relatore a convegni e seminari. Professore a contratto presso università pubbliche e private.Sara Di NinnoDottore in Scienze politiche e Relazioni internazionali, collaboratrice area normativa del lavoro presso Nexumstp Spa. Specializzata in Diritto del lavoro e Relazioni industriali, è dottore di ricerca in Diritto pubblico, comparato ed internazionale, con tema di ricerca in Diritto del lavoro internazionale, e docente in corsi di formazione in materia di disciplina del rapporto di lavoro.Massimiliano Matteucci Consulente del Lavoro in Roma, Socio Nexumstp spa. Laureato in Economia. Specializzato in normativa di Diritto del lavoro e previdenza sociale. Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto del lavoro dell’Università La Sapienza di Roma e preso l’Università Niccolò Cusano di Roma. Membro del Centro Studi dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro Roma, relatore a convegni e seminari. È articolista per la rivista TWOC dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma. Consulente Asseveratore Asseco.Lorenzo Sagulo Laureato in Economia e Gestione delle imprese all’Università degli Studi “Roma Tre”. Collabora con Nexumstp Spa nell’area consulenza del lavoro. È specializzato in normativa di Diritto del lavoro e relazioni industriali.
Massimiliano Matteucci, Sara di Ninno, Lorenzo Sagulo, a cura di Paolo Stern | 2020 Maggioli Editore
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