Ora, però, la collettività vorrebbe sapere il perché di una tale discrepanza. In soldoni, la stima di 390.200 comprende tutti coloro che hanno fatto un accordo per l’uscita dal lavoro e ora sono a rischio di restare senza occupazione e senza pensione per l’aumento dell’età pensionabile prevista dalla riforma Fornero. Per cui non ci si limita ai numeri del decreto: le ‘platee’ che alzano sensibilmente il numero, secondo l’Inps, sono solo causate dai prosecutori volontari (133.000 persone autorizzate ai versamenti volontari nati dopo il 1946 e con un ultimo versamento contributivo antecedente il 6 dicembre 2011) e i cosiddetti “cessati”, ovvero quelli che sono usciti dal lavoro per dimissioni, licenziamento o altre cause tra il 2009 e il 2011 che hanno più di 53 anni e che non si sono rioccupati (180mila secondo l’Inps). Per queste due categorie il decreto del Governo prevedeva rispettivamente 10.250 e 6.890 salvaguardati.
In tutto ciò, c’è anche l’importanza del 4 dicembre come data fissata a priori entro la quale il ‘vecchio’ lavoratore potrà andare in pensione solo se, entro quel termine, è uscito dal lavoro e pertanto si trova in mobilità. Cosa che, ovviamente, sarebbe stata molto diversa se si fosse considerata la data del contratto con l’azienda. Un bel caos, dentro il quale la Fornero è insorta contro l’Inps (“deploro la parziale e non ufficiale diffusione di informazioni che provoca disagio sociale”), mentre Bonanni, segretario della Cisl, e Bersani, rincarano la dose sostenendo di aver fatto presente molto tempo addietro il problema.
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