Canone Rai “speciale” o tassa sulla “modernità”?

Redazione 20/02/12
E’ un vento di tempesta quello che si sta abbattendo sulla Rai in questi giorni, nubi tempestose spinte dalla furia di commercianti e consumatori al quale è arrivato un bollettino di pagamento per il canone rai “speciale”.

Si tratta della tanto vituperata “tassa sulla televisione” che adesso graverebbe non più solamente sui televisori, ma anche sui computer, sugli smartphone, sugli i-pad e su tutto ciò che trasmette immagini. Tutto ciò a causa di un regio decreto 1938.

La denuncia arriva da R.ETE. Imprese Italia, un’associazione che raggruppa varie categorie, da Confcommercio a Confartigianato. Nei giorni scorsi sono state spedite una valanga di lettere che intimano il pagamento del c.d. Canone speciale rai, come prevede l’art. 17 del decreto salva italia (d.l. 201/2011), a più di cinque milioni di soggetti imprenditoriali, con richieste che variano dai 200 ai 6000 euro all’anno, per un totale di 980 milioni di euro. In base al regio decreto n. 246 del 1938 infatti “Chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento“. In altre parole, qualsiasi apparecchio che teoricamente può essere modificato per guardare un programma televisivo è soggetto al canone/tassa. Quindi, non solo tv, ma anche pc, smartphone, un i-pad, un monitor fino addirittura a chi possiede un videocitofono. Ad essere colpite le più svariate categorie, dai tabaccai alle agenzie viaggi, agli studi medici alle imprese di trasporto, ai condomini e questo, sottolinea la Confcommercio, mentre è sotto gli occhi di tutti lo stato di grave difficoltà delle imprese.

Esigere il pagamento del canone rai mi semvbra applicare un balzello assurdo, inutile, incomprensibile, peraltro anche contraddittoro, se si considera che giustamente il governo spinge sul versante dell’innovazione per semplificare il rapporto tra imprese e p.a.” , afferma il Presidente di Confcommercio Carlo Sangalli.

Le associazioni hanno scritto al presidente del consiglio Monti e al ministro dello sviluppo Passera per cancellare il provvedimento, chiedendo di chiarire in ogni caso se il nuovo canone rai è da considerarsi una tassa sulla modernità e sullo sviluppo che colpisca chiunque possieda un pc.

Sull’argomento, la giurisprudenza è abbastanza chiara ed univoca.

La Corte di cassazione, con la sentenza del 20 novembre 2007 n. 24010 ha esplicitato la natura del canone di abbonamento radiotelevisivo stabilendo che “il canone di abbonamento radiotelevisivo non trova la sua ragione nell’esistenza di uno specifico rapporto contrattuale che leghi il contribuente, da un lato, e l’ente Rai, che gestisce il servizio pubblico radiotelevisivo, dall’altro, ma costituisce una prestazione tributaria, fondata sulla legge, non commisurata alla possibilità effettiva di usufruire del servizio de quo”. Pertanto l’imponibilità dipende esclusivamente dalla detenzione di un apparecchio, indipendentemente dall’effettiva ricezione dei programmi della Rai o dalla mancanza di interesse a riceverne. La legittimità dell’obbligo è stata confermata anche da altre sentenze della Corte costituzionale, tra cui la sentenza n. 535 12 maggio 1988 : “Se in un primo tempo sembrava prevalere la configurazione del canone come tassa, collegata alla fruizione del servizio, in seguito lo si è piuttosto riconosciuto come imposta, facendo leva sulla previsione legislativa dell’articolo. 15, secondo comma, della legge n. 103 del 1975, secondo cui il canone è dovuto anche per la detenzione di apparecchi atti alla ricezione di programmi via cavo o provenienti dall’estero“. Insomma, anziché essere il corrispettivo della fruzione di un servizio, il canone si baserebbe sul presupposto che un apparecchio (tv, pc, telefonino, altro) è “una manifestazione, ragionevolmente individuata, di capacità contributiva“.

Le associazioni dei consumatori sono già sul piede di guerra. Secondo l’Aducin assenza di una determinazione in tal senso del Ministero dello sviluppo economico che non ci risulta esistere, la richiesta della Rai è illegittima”. Per l’Adusbef e Federconsumatori, l’estensione del canone a computer e telefonini “è l’ennesima vergogna, l’ennesimo tentativo di scippo con destrezza che deve essere respinto al mittente. La Rai, un’azienda lottizzata che sempre di più sforna cattiva informazione e servizi spesso taroccati e strappalacrime per inseguire il feticcio dell’audience  ha sfornato l’ennesimo balzello, a carico di imprese, studi professionali ed uffici, per imporre un pesante tributo che va da un minimo di 200 euro fino a 6mila euro l’anno a carico di oltre 5 milioni di utenti per un controvalore di 1 miliardo di euro l’anno“.

Sull’odiosa questione, è stata presentata una interrogazione parlamentare al Ministero dello sviluppo economico Passera.

E’ peraltro evidente che obbligare un’azienda a pagare un abbonamento TV per il solo fatto di avere dei pc è paradossale. Primo, perché il computer è uno strumento ormai indispensabile allo svolgimento di qualsiasi attività lavorativa, e l’inclusione dello stesso fra gli apparecchi tassati significherebbe di fatto imporre una nuova imposta sul lavoro. – afferma l’Aduc in un comunicato stampa – Secondo, perché in un momento di grave crisi economica, si andrebbe a colpire d’improvviso il mondo produttivo per un importo superiore al miliardo di euro pur di tener in vita un’azienda, la Rai, gestita secondo il peggiore malcostume italiano”.

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