Calcolo pensione 2020, contributi: quanto si perde con contratto part-time

Contributi e calcolo pensione 2020. Quanto incide un lavoro part-time sul calcolo finale della pensione? Quanto si perde in termini economici di pensione se il lavoratore ha avuto solamente rapporti a tempo parziale? È questa una delle questioni più dibattute per coloro che, avendo avuto contratti per molto tempo solamente part-time, si chiede in prossimità di raggiungere la pensione. Il ricorso al lavoro part-time, infatti, rappresenta per molti lavoratori il giusto compromesso per riuscire a conciliare i tempi di lavoro e vita privata. Molto spesso, tale scelta viene fatta verso la fine della carriera lavorativa, prima della pensione. Ciò incide, inevitabilmente, sulla misura dell’assegno previdenziale rispetto al full-time. Questo perché la retribuzione percepita è inferiore, quindi anche la percentuale contributiva si calcola su un imponibile minore.

Ma quanto si perde di pensione con il contratto part-time? Ebbene, non è possibile dare una risposta univoca a questa domanda, in quanto dipende molto da diversi fattori, come ad esempio il periodo nel quale il lavoratore ha prestato la propria attività, quindi versato i contributi, e il sistema di calcolo dei contributi (retributivo, contributivo o misto). Vediamo quindi nel dettaglio quali sono i fattori che incidono su tale aspetto e cerchiamo di fare maggiore chiarezza.

Calcolo pensione 2020: il part-time non allunga l’età pensionabile

La prima cosa da capire è che, al contrario di quanto si possa pensare, lo svolgimento di attività a tempo parziale non allunga al contempo l’età pensionabile. Quindi, i requisiti per andare in pensione rimangono gli stessi rispetto a un lavoratore full-time. Tuttavia, come è possibile intuire, ciò influisce negativamente sulla misura dell’assegno pensionistico. Ciò è più che comprensibile perché, come già accennato, la retribuzione percepita dal lavoratore è inferiore e questo si riverbererà inevitabilmente sulla rendita pensionistica. Quindi tanto maggiore è il periodo di part-time tanto superiore sarà la riduzione dell’importo della pensione futura.

Dunque, la prima regola è che il raggiungimento del diritto alla pensione nel settore privato per i lavoratori part-time è lo stesso per i lavoratori part-time. Quindi, le settimane, i mesi e gli anni di lavoro svolti in part-time vengono conteggiati come full-time. Ciò vale, però, a una condizione: che venga rispettato il minimale INPS per il lavoro dipendente. Tale valore corrisponde a un importo poco superiore a 10.670 euro, ovvero circa 205 euro settimanali, e cambia annualmente.

Questo cosa significa? Ebbene, prendiamo il caso di un lavoratore del settore privato che per 30 anni ha lavorato full-time e per altri 13 anni part-time, con un reddito annuo superiore al predetto minimale INPS. Al termine della propria carriera lavorativa, tale lavoratore potrà comunque vantare 43 anni di contributi INPS.

Per i lavoratori del settore pubblico, invece, bisogna fare riferimento all’art. 8, co. 2, della L. n. 554/1988. Tale disposizione prevede che ai fini dell’acquisizione del diritto alla pensione a carico dell’Amministrazione interessata e del diritto all’indennità di fine servizio, gli anni di servizio ad orario ridotto sono da considerarsi sempre utili per intero.

Calcolo pensione 2020: part-time con il metodo contributivo

Come accennato in premessa, per capire più o meno l’incidenza del part-time sul full-time in termini pensionistici, occorre osservare due dati:

  • il periodo di versamenti dei contributi;
  • il sistema di calcolo dei contributi.

Già da questi primi due dati è possibile dedurre gli effetti negativi del part-time. Quindi, per chi adottasse il part-time dopo il 2011, decidendo di concludere ad orario ridotto gli ultimi anni di carriera lavorativa, gli effetti negativi legati ad un calo della retribuzione riguardano esclusivamente le quote dell’assegno determinate con il sistema contributivo.

In altri termini, visto che nel sistema contributivo, l’accantonamento dei contributi dipende esclusivamente dalla retribuzione del lavoratore, è plausibile che un abbassamento della retribuzione dovuta al part-time si tradurrà in un valore inferiore di contributi sui quali poi sarà calcolato il montante complessivo della pensione. Si ricorda, al riguarda che la pensione con il metodo contributivo si ottiene moltiplicando il montante contributivo individuale (per il part time il 33% della retribuzione, che è notevolmente inferiore a quella di un lavoratore a tempo pieno) per il coefficiente di trasformazione.

Calcolo pensione 2020: part-time con il metodo retributivo

Differente è il discorso per quanto riguarda l’assegno determinato con il “sistema retributivo”. Infatti, anche se il lavoratore decide a fine carriera di lavorare in part-time, non subirà una contrazione della misura lavorativa. L’INPS, quindi, riconosce al lavoratore una retribuzione pensionabile sostanzialmente pari a quella che avrebbe ricevuto se fosse rimasto con un rapporto a tempo.

Ciò impedisce che gli ultimi anni di lavoro svolto a part-time svalutino le quote retributive dell’assegno. In alcuni casi, può anche accadere che il pensionato possa trarne beneficio. Questo in ragione del fatto che il periodo di riferimento per la ricerca delle ultime 260 e 520 settimane si andranno a rivalutare sulle retribuzioni più datate.

Calcolo pensione 2020: cosa fare per integrare l’assegno?

In via generale, al fine di evitare che il lavoratore possa subire una perdita sostanziosa della propria pensione, in ragione del part-time, si ricorda che il contribuente ha sempre la facoltà di poter riscattare i periodi di part-time post 1996, purché risultino non lavorati. Altro metodo è quello di avvalersi della contribuzione volontaria.

È chiaro che trattasi di due metodi onerosi e che bisogna fare un calcolo specifico per valutarne la convenienza.

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Infine, particolare attenzione devono porre alla pensione i giovani che hanno iniziato a versare i contributi dopo il 1° gennaio 1996. Questi ultimi, infatti, essendo nel sistema di calcolo contributivo puro, per accedere alla pensione di vecchiaia è necessario che il primo rateo della pensione superi un determinato importo soglia, pari a circa 650 euro al mese, ossia 1,5 volte il valore dell’assegno sociale.

 

Daniele Bonaddio

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