Caccia vietata nei terreni del WWF

Redazione 01/12/11
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Caccia vietata nei terreni del Wwf dove si svolge attività didattica o di inserimento sociale e lavorativo.

Lo ha stabilito il Tar Trento, con sentenza n. 288/2011, respingendo un ricorso presentato dall’Associazione cacciatori del Trentino contro la decisione della Provincia di vietare l’uso delle doppiette su un terreno in parte di proprietà del Wwf e Fai (Fondo Ambiente Italiano).

I giudici amministrativi hanno reputato legittima la delibera provinciale che vieta la caccia in quel terreno, dove, tra l’altro, si svolgono delle attività didattiche e di inserimento sociale e lavorativo.

Tra queste la «fattoria didattica», con la presenza durante tutto l’anno di scolaresche che partecipano a visite guidate, l’ospitalità di persone diversamente abili, e dei progetti formativi individuali, con stage in aziende agricole.

La delibera contestata risale al 5 agosto dell’anno scorso, ma già in precedenza (nel 2008) la giunta provinciale aveva dichiarato off limits l’area oggetto del contendere.

Nella sostanza i giudici del Tar hanno accolto in toto le argomentazioni della Provincia, comprese quelle relative all’esiguità del fondo – dieci ettari – rispetto alla totalità complessiva della riserva di caccia adiacente, pari a 3.000 ettari complessivi.

Non c’è stata dunque, per il tribunale amministrativo di Trento, alcuna errata applicazione della legge. Il ricorso dell’Associazione cacciatori trentini è stata quindi respinto.

Di seguito, la sentenza dei giudici amministrativi di Trento.

N. 00288/2011 REG.PROV.COLL.

N. 00254/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 254 del 2010, proposto da:

Associazione Cacciatori Trentini, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. ********************, con domicilio eletto presso il suo studio in Trento, p.zza ***** 8

contro

Provincia autonoma di Trento, non costituita in giudizio

nei confronti di

**********, non costituito in giudizio

per l’annullamento

– della deliberazione della Giunta provinciale di Trento n. 1792, di data 5.8.2010, successivamente conosciuta, avente ad oggetto l’accoglimento della richiesta, formulata dal sig. **********, di vietare l’esercizio venatorio nei fondi di sua proprietà e di quelli dei quali il medesimo è conduttore, siti in C.C. Spormaggiore.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 luglio 2011 il cons. ****************** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con atto ritualmente notificato e depositato l’Associazione Cacciatori Trentini ha impugnato il provvedimento della Giunta provinciale n. 1792 di data 5.8.2010, con cui è stata accolta la domanda, formulata dal sig. **********, di vietare l’esercizio venatorio sui fondi di sua proprietà e su quelli nei quali il medesimo è conduttore, siti in C.C. Spormaggiore.

A sostegno del ricorso la deducente ha formulato le seguenti censure in diritto:

1) erronea applicazione degli artt. 33, comma 1, **** n. 24/1991 e 15 L. n. 157/1992 – eccesso di potere per carenza del medesimo;

2) erronea applicazione dell’art. 33, comma 1, **** n. 24/1991 in relazione all’art. 15, comma 4, L. n. 157/1992 – eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento della realtà, illogicità manifesta – violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa e carenza assoluta di motivazione;

3) violazione dell’art. 15, comma 3, L. n. 157/1992 – eccesso di potere per insufficiente istruttoria, travisamento della realtà e carenza assoluta di motivazione.

Le parti intimate non si sono costituite in giudizio.

Alla pubblica udienza del 14 luglio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Si premette in fatto che il controinteressato ********** detiene, sia in proprietà, che in conduzione dal W.W.F., quale comodatario del F.A.I. (Fondo per l’Ambiente Italiano ), un vasto compendio particellare in comune catastale di Spormaggiore per complessivi 10 ettari, in parte destinato a meleto ed in parte boschivo, su cui è stata disposta dalla Provincia autonoma di Trento la contestata esclusione dell’esercizio venatorio.

Su tali fondi viene svolta l’attività di “ fattoria didattica ”, che prevede la presenza durante tutto l’anno di scolaresche che partecipano a visite guidate, organizzate anche in collaborazione con l’Ente Parco Adamello Brenta, nonché quella di “ fattoria sociale ” con presenza durante tutto l’anno di persone diversamente abili (inserite nel progetto “ Biolavoromio ” finanziato dalla P.A.T. e realizzato in collaborazione con la Cooperativa Sociale “ ******* “ di Trento); sono, inoltre, ospitati dei “ progetti formativi individuali ”, con stage in azienda, in collaborazione con la Fondazione “ *********** “, Istituto Agrario di San Michele all’Adige.

Il sig. **** ha allegato alla sua richiesta, accolta dalla P.A.T. con il provvedimento in questa sede impugnato dall’Associazione venatoria, la documentazione atta a comprovare, nel dettaglio, le attività didattiche e sociali sopra illustrate.

Il Servizio Foreste e fauna della P.A.T., prima di escludere i terreni del sig. Osti dalla gestione programmata della caccia ai sensi della L.P. n. 24/1991 e della L. n. 157/1991, ha esperito un’approfondita istruttoria, sia conducendo, il giorno 29 settembre 2008, un sopralluogo nei fondi rustici indicati dal controinteressato, sia acquisendo ulteriori informazioni per accertare il permanere delle condizioni descritte dal sig. **** o per rappresentare le eventuali variazioni intervenute, nonché informando della richiesta l’Associazione Cacciatori Trentini, ente gestore della caccia in provincia, per le osservazioni del caso, senza peraltro riceverne riscontro.

2. Con il primo motivo la ricorrente Associazione lamenta l’erronea applicazione dell’art. 15 L. n. 157/1992 per non avere l’impugnato provvedimento riscontrato l’inammissibilità della domanda del sig. ****: in sostanza la P.A.T. avrebbe erroneamente ritenuto che la proroga del piano faunistico – venatorio sino a dicembre 2010 avesse riaperto i termini di trenta giorni per chiedere l’esclusione dalla caccia ai sensi dell’art. 33 L.P. n. 24/1991.

Al riguardo, il Collegio ritiene previamente opportuno ricostruire il quadro normativo di riferimento.

La legge provinciale 9.12.1991 n. 24, recante “ Norme per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio della caccia “, all’art. 33, rubricato “ Terreni in attualità di coltivazione ed indennizzi ”, dispone nel primo comma che “l’esercizio venatorio è vietato nei territori in attualità di coltivazione e suscettibili di danno nei periodi annualmente stabiliti dal comitato faunistico provinciale, tenendo conto delle intese raggiunte dall’ente gestore con le organizzazioni più rappresentative degli agricoltori e dei coltivatori diretti della provincia “. Lo stesso articolo chiarisce, nel secondo comma, che “nell’utilizzazione dei fondi per l’esercizio venatorio si applicano i limiti di accesso agli stessi stabiliti dall’articolo 15, commi 3, 4, 5, 6 e 11, della legge 11 febbraio 1992, n. 157…”.

La normativa nazionale di cui alla L. 11.2.1992 n. 157, recante “ Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio “, all’art. 15, rubricato “Utilizzazione dei fondi ai fini della gestione programmata della caccia ”, prevede nel terzo comma che “il proprietario o conduttore di un fondo che intenda vietare sullo stesso l’esercizio dell’attività venatoria deve inoltrare, entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano faunistico-venatorio, al presidente della giunta regionale richiesta motivata che, ai sensi dell’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 , dalla stessa è esaminata entro sessanta giorni “, precisando poi nel quarto comma che “la richiesta è accolta se non ostacola l’attuazione della pianificazione faunistico-venatoria di cui all’articolo 10. È altresì accolta, in casi specificatamente individuati con norme regionali, quando l’attività venatoria sia in contrasto con l’esigenza di salvaguardia di colture agricole specializzate nonché di produzioni agricole condotte con sistemi sperimentali o a fine di ricerca scientifica, ovvero quando sia motivo di danno o di disturbo ad attività di rilevante interesse economico, sociale o ambientale “.

La legge quadro statale ha dunque introdotto nell’ordinamento la pianificazione faunistico – venatoria. Il primo Piano faunistico provinciale – che, ai sensi dell’art. 5 L.P. n. 24/1991, come modificato dall’art. 3 L.P. 26 agosto 1994, n. 2, sostituisce, in Provincia di Trento, la disciplina nazionale dell’istituto – è stato approvato dalla Giunta provinciale con deliberazione n. 1987 dell’11 agosto 2003. La durata risulta fissata in cinque anni, secondo quanto stabilito dal piano stesso.

Ora, il Collegio non ritiene che si sia verificata l’invocata decadenza del procedimento interdittivo della caccia per decorrenza del termine di cui all’art. 15 L. n. 157/1991, stante le proroghe del PFV ritualmente intervenute prima della scadenza del termine medesimo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 maggio 2006, n. 3025), come del resto avvenuto nel caso in esame.

Infatti, il PFV provinciale è stato prorogato una prima volta fino al 31 dicembre 2009 (deliberazione di Giunta provinciale n. 1981 dell’8 agosto 2008) e successivamente fino al 31 dicembre 2010 con la deliberazione n. 3248 del 30 dicembre 2009.

A ciò si aggiunga che l’istituto della proroga dell’efficacia del provvedimento è ammesso in presenza di sopraggiunte e motivate esigenze di interesse pubblico ( nella specie individuate dalla Provincia nella necessità, da un lato, “di completare le indagini finalizzate ad approfondire le conoscenze sulla distribuzione potenziale e le capacità portanti del territorio nel confronto di alcune specie animali ”, dall’altro, “ di esperire le procedure individuate in legge per elaborare il prossimo piano faunistico provinciale, che prevedono il coinvolgimento del Comitato faunistico provinciale, dell’Osservatorio faunistico provinciale, di diversi Enti pubblici e Associazioni private “) e tale sopravvenienza non solo giova all’amministrazione per l’adozione del provvedimento di proroga, ma rileva anche per il privato, rimettendolo in termini per eventuali istanze.

In definitiva, la proroga legittima del Piano faunistico provinciale ha riaperto il termine di presentazione delle domande, come stabilito dal comma 3 dell’articolo 15 della L. 157/92 già richiamato.

3. Nel secondo motivo si contesta la mancanza dei presupposti per la deroga alla caccia costituiti da rilevanti interessi economico – sociali ex artt. 33 L.P. n. 24/1991 e 15 L. n. 157/1992.

Osserva il Collegio che la Provincia ha preso in considerazione tutti gli aspetti, che concorrono a determinare una valutazione esaustiva in materia, come si evince dall’ampia e dettagliata motivazione. Nella stessa, dopo aver precisato come ” il sig. ********** svolge, tanto nei fondi di sua proprietà che in quelli di cui egli è conduttore, attività peculiari, di sicuro rilievo sia sociale che ambientale, che lo impegnano per un tempo considerevole “, si chiarisce che “in campo sociale il sig. **** partecipa ad un progetto di inserimento al lavoro di persone in situazione di handicap ed a rischio emarginazione ed è coinvolto in attività didattiche da diversi enti (Parco Naturale Adamello Brenta, Istituto Agrario di San Michele all’Adige e Istituto comprensivo di Scuola primaria e secondaria di I grado di Tuenno). In campo prettamente ambientale il sig. **** è impegnato coi il F.A.I. (Fondo per l’Ambiente Italiano) e il W.W.F. (Fondo mondiale della natura) in un progetto di valorizzazione e tutela ambientale di Maso Fratton… “.

In piena e logica coerenza con tale assunto la Provincia puntualizzava che “l’esercizio dell’attività venatoria all’interno dell’azienda agricola di proprietà del sig. ********** e all’interno dei fondi di cui egli è conduttore può essere di disturbo alle attività di interesse sociale e ambientale che vi sono svolte “.

Ciò posto, la Provincia si è mossa su un piano di fattibilità della misura interdittiva, plausibilmente ritenendo che “l’eventuale divieto di esercizio venatorio nei fondi di proprietà del sig. ********** o di cui lo stesso è conduttore non ostacola l’attuazione della pianificazione faunistico-venatoria. Infatti, da un lato l’estensione limitata (10 ettari di divieto rispetto ai circa 3000 ettari di estensione complessiva della riserva) e la posizione all’interno della riserva comunale di caccia dell’area di cui si chiede l’interdizione della caccia e dall’altro il tipo di pianificazione venatoria applicata in provincia di Trento, che opera su ambiti territoriali omogenei comprendenti più riserve comunali di caccia, rendono l’interdizione ininfluente sull’aspetto in questione “.

L’avversata misura interdittiva appare dunque ragionevole e conforme al dettato legislativo, il che rende prive di consistenza le dedotte censure di erronea applicazione di legge.

Anche i prospettati vizi di travisamento della realtà e insufficiente istruttoria risultano del tutto inconsistenti, non solo per quanto valutato dalla Provincia nel sopra riportato provvedimento, ma anche alla luce della documentazione allegata alla richiesta del sig. ****, dalla quale emerge l’inconsistenza dei rilievi dell’Associazione.

Del pari inesistente è la pretesa carenza di motivazione, essendo gli atti impugnati, come sopra rilevato, ampi e precisi nell’argomentazione e nella ricostruzione dell’intero iter della vicenda, né, d’altra parte, l’Associazione ricorrente può pretendere di sostituirsi con le proprie valutazioni di merito alle motivate e convincenti circostanze ostative all’esercizio venatorio addotte dall’amministrazione nell’ambito della propria, ragionevole e ragionata discrezionalità.

Le doglianze vanno pertanto disattese.

4. Infine, quanto al terzo motivo, sulle contestata “ conduzione “ da parte del controinteressato del fondo FAI, è sufficiente replicare che essa concettualmente non preclude la configurazione del rapporto di godimento del fondo rustico tra il comodatario WWF ed il sig. **** in termini di negozio atipico, atteso che la conduzione del suddetto fondo riguarda un uso diverso da quello prettamente agricolo o di conservazione ambientale, investendo anche profili di rilevanza sociale.

5. Per le esposte considerazioni il ricorso va quindi respinto.

Nulla per le spese in difetto di costituzione delle parti intimate.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica)

definitivamente pronunciando sul ricorso n. 254/2010, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2011 con l’intervento dei magistrati:

*************, Presidente

*****************, Consigliere

******************, ***********, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/11/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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