I buoni pasto sono dei benefit aziendali che permettono a chi li riceve di acquistare prodotti alimentari senza dover spendere nulla di tasca propria.
L’erogazione, l’utilizzo e i criteri di attribuzione dei buoni pasto sono definiti, in modo chiaro, dal decreto legge 36/2023, il quale ha abrogato due decreti precedenti, il D.L. n.50 del 18 aprile 2016 e il D.M. 122 del 7 giugno 2017. Per quanto riguarda la tassazione, è invece necessario fare riferimento al Testo Unico sulle Imposte sui Redditi e alle Leggi di Bilancio.
In questo articolo andremo ad analizzare le norme vigenti per scoprire tutto ciò che riguarda i buoni pasto.
Indice
Che cosa sono i buoni pasto
Secondo la definizione riportata nell’allegato II.17 del decreto legge numero 36 del 2023, i buoni pasto sono dei documenti di legittimazione che possono essere emessi non solo in formato cartaceo, ma anche in formato elettronico, e che danno diritto al titolare – ossia al lavoratore che li riceve – di usufruire di un “servizio sostitutivo di mensa”.
Questo, sempre secondo quanto riportato nell’allegato, può consistere sia nella somministrazione diretta di cibi e bevande, sia nell’acquisto di prodotti alimentari effettuati presso gli esercizi commerciali convenzionati. L’importo che il soggetto può spendere è chiaramente riportato sul buono e prende il nome di “valore facciale”.
Il buono pasto permette inoltre “all’esercizio convenzionato di provare documentalmente l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione”.
A quali soggetti può essere assegnato il buono pasto
Anche questa informazione è reperibile nel suddetto allegato II.17, il quale specifica che “titolare” di questo benefit può essere:
- il lavoratore subordinato a tempo pieno;
- il lavoratore subordinato assunto a tempo parziale;
- il collaboratore non subordinato che partecipi a un progetto aziendale.
Queste categorie di lavoratori possono ottenere buoni pasto anche quando il loro orario di lavoro non include la pausa pranzo.
Il datore di lavoro non è obbligato a fornire buoni pasto ai propri dipendenti. Ma, se desidera usufruire delle agevolazioni fiscali che vedremo più avanti, deve, secondo quanto riportato nella circolare 326/1997 del Ministero delle Finanze, assegnare il benefit non a un singolo dipendente, ma a tutti i lavoratori oppure a“categorie omogenee”. In questa seconda definizione possono rientrare, a titolo d’esempio, i lavoratori con figli, quelli con un determinato livello di inquadramento e via dicendo.
Come funzionano i buoni pasto
L’allegato II.17 definisce chiaramente anche le caratteristiche dei buoni pasto e le modalità di utilizzo.
In particolare, stabilisce che il loro utilizzo è riservato al soggetto intestatario, il quale non può venderli o chiedere la conversione in denaro, e nemmeno cederli a terzi, compresi i familiari.
Spendibili presso gli esercizi commerciali convenzionati per il solo acquisto di alimenti e bevande, devono essere utilizzati per il loro intero valore nominale – riportato sul buono. Nel caso in cui il soggetto spendesse meno della cifra indicata, il buono non darebbe diritto a resto. Se la cifra supera il valore del singolo buono, il titolare può utilizzarne altri, fino a un massimo di otto, per coprire la spesa.
Presso quali esercizi commerciali possono essere spesi i buoni pasto
I buoni pasto possono essere utilizzati esclusivamente presso gli esercizi commerciali convenzionati con la società che li ha emessi. Tra questi, sempre secondo l’allegato II.17, rientrano, tra le altre, le realtà abilitate:
- alla somministrazione di alimenti e bevande secondo quanto stabilito dalla legge 287/91;
- alla vendita al dettaglio di prodotti alimentari, anche provenienti da produzione propria;
- all’attività di mensa aziendale;
- alle attività di agriturismo o ittiturismo.
Le agevolazioni fiscali
I buoni pasto offrono importanti agevolazioni fiscali sia ai dipendenti sia ai datori di lavoro.
L’articolo 51 del TUIR include questo benefit tra quelli che non concorrono alla formazione del reddito. Ciò significa che il titolare non deve pagare, su di essi, tasse o contributi, a patto che non superino i limiti di valore stabiliti dalla legge vigente. Attualmente tale limite – come stabilito dalla Legge di Bilancio 2020 e confermato da quella del 2023 – è pari a 4€ per i buoni pasto cartacei e a 8€ per quelli elettronici.
I datori di lavoro possono, entro i medesimi limiti, portare in detrazione i costi sostenuti per l’assegnazione dei buoni pasto ai propri dipendenti e collaboratori.