Con l’avvento del digitale, difatti, stanno venendo meno quelle prerogative che in genere possedeva il titolare di una licenza d’uso con una conseguente limitazione dei diritti di un’acquirente al fine di favorire il business delle imprese. Questa politica non è nuova ad Apple che deve le sue grandi fortune non solo all’indubbia qualità dei suoi prodotti ad alta tecnologia, ma anche e principalmente per un’accorta gestione dei propri diritti.
Se vogliamo Jobs è stato estremamente abile non solo nel blindare le sue “creazioni”, ma nel creare una serie di servizi “obbligati” intorno ai suoi prodotti che hanno lasciato ben poco spazio e quindi ben poca libertà agli utenti. Il messaggio di Jobs è stato chiaro “se vuoi entrare nel mio mondo, sei benvenuto ma per rimanerci dovrai per sempre accettare le mie imposizioni”.
Nel caso specifico il rapporto con l’utente si basa infatti su un account personale che non può essere trasferito a nessun altro. C’è dunque una differenza non trascurabile fra supporto fisico e digitale: uno si tramanda di generazione in generazione, l’altro no. Infatti mentre i Cd e Dvd possono essere prestati, venduti o regalati senza il permesso del detentore del copyright, i download di musica digitale non funzionano così. In questo caso l’uso concesso in licenza è strettamente personale senza alcuna eccezione.
E’ giusto tutto ciò? Proprio adesso che si parla di testamento digitale?
Indubbiamente qualcosa deve cambiare e bisogna finalmente comprendere che con l’avvento di Internet, anche il diritto d’autore deve adeguarsi e vanno ridefiniti i contenuti dello stesso, senza ancorarsi a posizione ataviche che fanno solo male alla società che in questo periodo di recessione economica ha invece bisogno di nuovi stimoli. In questo Richard Stallman con le sue idee è stato un precursore e non a caso non amava particolarmente Steve Jobs.
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