Il bonus bebè
E’ stato introdotto dalla legge di stabilità per il 2015 il cosiddetto bonus bebè. Si tratta di un nuovo bonus di 80 euro mensili, a favore di ogni bambino nato o adottato dal 1° gennaio 2015 alla fine del 2017. La durata è triennale ed è riservato alle famiglie con Isee inferiore a 25mila euro. L’assegno raddoppia (160 euro al mese) nel caso in cui l’Isee della famiglia è al di sotto di 7mila euro. Dovrebbero beneficiarne, annualmente, circa 330mila bambini su mezzo milione di nascite, rimanendone però esclusi tutti i bambini già nati. Una parte delle risorse, poi, andrà a famiglie non povere: una contraddizione, sottolinea il Rapporto, all’interno di un sistema di welfare che è ancora privo di una misura nazionale contro la povertà. Il costo previsto della manovra è di 200 milioni per il primo anno, superando i 600 nel 2016 e il miliardo nel 2017. Soltanto il 10% delle famiglie più povere, però riceverà il contributo.
Il bonus per i lavoratori dipendenti
Si tratta del credito di imposta da 960 euro l’anno (80 euro al mese) riservato ai dipendenti, reso permanente nella legge di stabilità per il 2015, che il rapporto stilato dalla Caritas giudica, in sintesi, un intervento che poco agevola le famiglie a basso reddito. Il Rapporto sottolinea come il bonus non prenda in considerazione né la composizione del nucleo familiare né la presenza di familiari a carico. Sempre secondo il Rapporto, inoltre, la misura verrebbe a costare 9,4 miliardi di euro all’anno, ma di questi tuttavia soltanto una porzione modesta (circa un miliardo, il 10.8% dello stanziamento totale) dovrebbe andare alle famiglie povere in senso relativo. Alle famiglie povere in senso assoluto, invece, andrebbe una quota addirittura inferiore: 186 milioni, il 2% dell’ammontare complessivo. Dovrebbero essere 242mila (su 1,8 milioni che vivono in povertà assoluta) le famiglie che riceveranno il bonus, oltre a un quarto di quelle in povertà relativa.
L’Asdi
L’assegno di disoccupazione introdotto con il Jobs Act, destinato alla tutela del reddito in caso di disoccupazione di lungo periodo, è riservato a coloro i quali hanno sì beneficiato della nuova indennità di disoccupazione (Naspi) ma sono ancora disoccupati e in condizioni di indigenza al termine del periodo di relativa copertura. La durata dell’assegno (pari al 75% dell’Aspi ma non superiore all’assegno sociale) è di 6 mesi e verrà erogato fino a che il fondo riservato, vale a dire 200 milioni per ciascun anno nel biennio 2015-16, verrà esaurito. Le incertezze sorgono, dunque, anche in questo caso.
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