Dopo aver ottenuto con separato giudizio il riconoscimento della illegittimità della bocciatura sofferta, lo studente ha visto anche il conseguente riconoscimento del danno quantificato in 5000 euro, pari al costo del corso di recupero frequentato presso una scuola privata, grazie al quale era stato regolarmente promosso.
Se lo studente in questione fosse stato bocciato quest’anno, non avrebbe dovuto affrontare ben due giudizi ed aspettare 7 anni per veder riconoscere i suoi diritti.
L’originaria disciplina dell’eventuale risarcimento del danno era, come noto, relegata nell’ambito del concetto di “diritto patrimoniale consequenziale” contenuto sia nell’articolo 7 comma 3 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, sia nell’articolo 30, secondo comma, del T.U sul Consiglio di Stato approvato con R.D. 26 giugno 1924 n. 1054 (nonché precedentemente nell’art. 5 del testo unico sulle giunte provinciali amministrative in sede giurisdizionale).
La materia era rimessa alla cognizione del giudice ordinario, non facilmente predisposto a riconoscere il risarcimento del danno in presenza di lesioni all’interesse legittimo, se non in casi limitati, coincidenti sostanzialmente con le posizioni di diritto affievolito da provvedimento amministrativo illegittimo (cfr. ad es. Cass. n.543/69 e n. 5428/79; per una ricostruzione della giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia si veda la nota sentenza delle Sezioni Unite n. 500 del 22 luglio 1999), prevalendo una lettura dell’art. 2043 c.c. che individuava il danno ingiusto solo per lesioni a posizioni di diritto soggettivo. In definitiva quindi il risarcimento del danno per lesione ad interesse legittimo non veniva annoverato tra i diritti patrimoniali consequenziali.
Da circa un decennio abbiamo assistito ad una sorta di “duello in armi” tra giudici civili ed amministrativi, impegnati reciprocamente a fronteggiarsi in tema di annullamento dei provvedimenti amministrativi ed il risarcimento del danno conseguente.
Con la famosa sentenza n.500 del 1999, la Cassazione, a Sezioni Unite, ha riconosciuto la possibilità di veder risarcita la lesione dell’interesse legittimo, aprendo il varco a tutta una serie di nuovi danni risarcibili in sede amministrativa.
E se fino al 2006, era ancora in piedi la querelle sulla cosiddetta “pregiudiziale” amministrativa, con l’entrata in vigore ,nello scorso settembre,del nuovo codice del processo amministrativo, è stata affermata la possibilità di proporre l’azione risarcitoria in modo autonomo rispetto al provvedimento illegittimo
L’art. 30 del decreto legislativo n. 104/2010 prevede, infatti, in proposito, che: “l’azione di risarcimento del danno è proposta nel termine di 120 giorni decorrente dal giorno in cui il fatto s’è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva immediatamente da questo. Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti ed esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’impugnazione nei termini di decadenza, degli atti amministrativi illegittimi”.
Il legislatore della riforma ha, quindi, da un lato ammesso la possibilità di chiedere il risarcimento del danno ma ha sottoposto tale azione ad un termine a pena di decadenza molto più breve rispetto a quello di 5 anni previsto per l’illecito extracontrattuale.
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