L’ultima e più nota è la delibera consiliare con la quale anche Milano ha istituito i suoi registri. Cosa è accaduto?
L’atto è stato approvato con 27 voti favorevoli, 7 contrari e 4 astenuti. Si sono astenuti i quattro perplessi dell’ala cattolica del Pd. Si è espressa con voto contrario la maggioranza del Pdl e della Lega Nord, che ha definito il registro “una bandierina di Pisapia per la comunità gay“.
“E’ una bella giornata per Milano” ha detto Pisapia “abbiamo fatto un passo avanti nella direzione di una città più rispettosa delle scelte di tutti. Sono convinto che questo sia anche uno stimolo per il Parlamento per prendere finalmente in esame e concludere l’iter legislativo, che è iniziato troppo volte ma non è mai arrivato a termine, per il riconoscimento delle coppie di fatto”. In Consiglio erano presenti diversi rappresentanti delle associazioni di lesbiche e gay e bisessuali e trans: “D’ora in poi le coppie di fatto nelle delibere comunali saranno parificate a chi è sposato, ha detto Marco Mori, presidente di Arcigay Milano. C’è voluto più tempo del previsto, ma il voto di questa notte è un segnale importante”.
Ma i comuni possono fare quello che possono fare. Ed è poco. Troppo poco.
Piuttosto bisogna riprendere in mano la sentenza della Cassazione civile, n.4184 del 15 marzo 2012, sui matrimoni e le famiglie gay, lì dove la nozione di “matrimonio” ha un “nuovo contenuto” e riguarda non solo l’unione tra persone di diverso sesso ma anche il “matrimonio contratto da due persone dello stesso sesso“.
Il Parlamento è libero di introdurre il matrimonio gay e “il suo riconoscimento e la sua garanzia… sono rimessi alla libera scelta del Parlamento“.
Ma dove? ma quando?
In Italia una legge sul matrimonio sembra essere lontana, ma è importante avere affermato la “libera scelta del Parlamento” e la “radicale evoluzione” rispetto a “questioni di natura” “essendo stata radicalmente superata la concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è presupposto indispensabile, per così dire ‘naturalistico’, della stessa esistenza del matrimonio“.
C’è davvero il desiderio di far crollare un muro consunto che non si decide a crollare? Aspettiamo che il legislatore si decida a fare una legge ordinaria. Ma una legge ordinaria che si faccia guidare dai princìpi.
Un punto fermo c’è. La Corte di Cassazione ha, con ottanta pagine, approfondito il quadro normativo e il percorso della giurisprudenza, anche sovranazionale, e si è convinta che la “svolta” è imposta dall’adesione italiana alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo.
Un mio Maestro, che non c’è più e mi manca, mi ha insegnato che quando le regole tecniche discendono da princìpi, i princìpi vengono prima. Le regole tecniche sono figlie della legge ordinaria, i princìpi sono figli della Costituzione, soprattutto dove ci parla dei diritti inviolabili dell’uomo e del cittadino. Ma il legislatore ha paura dei principi perché li considera incerti, un danno per la sua salute. Salute legata al filo del voto, voto che tutto ingoia e tutto divora.
Da Corradini H.Broussard:
L’amore.
E portino sole i giorni avvenire ai gay e alle lesbiche, che sanno amare.
E lungo le coste dei monti, ai bordi delle banchine sugli oceani, amano.
La famiglia non è fondata sul matrimonio o sulle unioni paramatrimoniali.
E’ fondata sull’amore.
Da Salinas, el Gran Pedro: “besiando un beso“.
E da Agueda: “baci baciati“.
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