Dunque, la Suprema Corte ha confermato l’annullamento della condanna di primo grado, definito dalla Corte d’Appello nello scorso mese di luglio. Secondo il Tribunale, che aveva confermato le ipotesi accusatorie dei pm milanesi, Berlusconi andava condannato a sei anni per concussione e uno per prostituzione minorile, più l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Ma i giudici in secondo e terzo grado hanno completamente disatteso le richieste dei procuratori.
Come noto, al centro del caso le famose “cene galanti” che videro protagonista il premier e alcuni suoi sodali nella residenza di Arcore, dove si erano tenute le tanto chiacchierate serate bollenti passate alla storia come il “bunga bunga”.
Tra le partecipanti, anche Karima El Marough, in arte Ruby, la giovane marocchina all’epoca dei fatti ancora minorenne, che il presidente del Consiglio invitò a scarcerare telefonando in questura a Milano spacciandola per la nipote dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak.
La Corte di Apppello aveva però ribaltato la sentenza di condanna del Tribunale milanese, affermando che, sulla concussione per costrizione, “il fatto non sussiste” – ossia non si è verificata la fattispecie di minaccia costrittiva – mentre riguardo alla prostituzione minorile, “il fatto non costituisce reato”, cioè l’ex premier non era consapevole dell’età della marocchina.
Ieri, dopo una lunghissima camera di Consiglio, la Suprema Corte ha dunque confermato in maniera definitiva l’assoluzione di Silvio Berlusconi da tutte le accuse, confermando le conclusioni della Corte d’Appello. Il che, come ha confermato lo stesso Franco Coppi, legale dell’ex presidente del Consiglio, non esclude che ad Arcore si siano verificati episodi di prostituzione con compensi, ma semplicemente che, sul fatto, mancasse la prova della consapevolezza di dell’ex Cavaliere sull’età di Ruby Rubacuori.
Il voto sulle riforme
Ieri, in giornata, è andato in scena anche il nuovo passaggio delle riforme istituzionali del governo Renzi, fino a pochi mesi fa cementate dal patto del Nazareno e, ora, dopo l’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale che ha incrinato i rapporti tra Pd e Forza Italia, difese dalla sola maggioranza.
Pd e alleati hanno superato la prova del voto, approvando a maggioranza semplice il disegno di legge di riforma istituzionale che abolisce il Senato elettivo, mentre nel partito di Berlusconi si sono fronteggiate due fazioni, una capeggiata da Denis Verdini – e favorevole a continuare il processo di riforme con Renzi – e l’altra guidata dal capogruppo Renato Brunetta, incline a rompere con la maggioranza. Alla fine, il partito di centrodestra ha votato quasi compatto per il no, ma solo dopo che anche Berlusconi si è pronunciato per questa soluzione. La resa dei conti in Forza Italia è appena all’inizio: resta da capire, ora, quanto Berlusconi, che ha concluso i servizi sociali a Cesano Boscone ed è uscito indenne dal processo più delicato per la sua immagine pubblica, vorrà tornare a impegnarsi direttamente in politica, pur restando al di fuori del palazzo.
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