Dal primo gennaio 2016 entrerà ufficialmente in vigore la direttiva europea sulla risoluzione delle crisi bancarie.
Infatti, lo scorso 6 novembre 2015, il Consiglio dei Ministri si è riunito per approvare i due schemi di decreto legislativo con cui ha approvato la Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive).
Tra le principali novità della citata direttiva, rileva senza dubbio l’introduzione del bail-in ossia il meccanismo di salvataggio di una banca dall’interno.
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Bankitalia, peraltro, quale autorità di risoluzione della situazione di crisi delle banche, per conto del proprio governatore Visco, in audizione al Senato, aveva già avvertito che le banche “dovranno adottare un approccio nei confronti della clientela coerente con il cambiamento fondamentale apportato dalle nuove regole, che non consentono d’ora in poi il salvataggio di una banca senza un sacrificio significativo da parte dei suoi creditori”.
In altre parole, nelle situazioni di crisi di un istituto bancario, non interverrà più lo Stato, ma dovranno farsi carico delle perdite anche i privati (come i correntisti, azionisti ed obbligazionisti).
Prima della direttiva Brrd, in caso di salvataggio di un banca, veniva utilizzato il sistema del cosiddetto bail-out che faceva intervenire direttamente gli Stati e soltanto indirettamente i contribuenti poiché questi ultimi avevano già pagato con l’aumento delle tasse il surplus di deficit indispensabile per salvare l’istituto bancario.
Diversamente, il meccanismo del bail-in prevede in maniera dettagliata una gerarchia dei soggetti che saranno coinvolti nel salvataggio degli istituti bancari. I primi ad essere chiamati in causa saranno gli azionisti, poi i detentori di obbligazioni subordinate e senior ed infine le persone fisiche e le piccole e medie imprese titolari di depositi superiori ai 10 mila euro.
Ad azionisti e creditori potrà essere richiesto un contributo pari all’8% del passivo della banca in crisi; oltre a tale importo, risponderà l’istituto bancario tramite il Fondo di risoluzione.
Nel complesso, per il mondo degli istituti di credito, e per i loro clienti, si tratta di un cambiamento molto importante.
Attesi ormai da molto tempo, questi decreti sono altresì fondamentali per procedere al tentativo di risanamento di quattro istituti bancari commissariati, vale a dire Cassa di risparmio di Ferrara, Banca Marche, Banca Etruria, e Cassa di Risparmio di Chieti, attraverso un intervento di ricapitalizzazione con il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, al quale contribuiscono tutte le principali banche italiane.
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