L’art. 269 c.c. rubricato “Dichiarazione giudiziale di paternità e maternità” stabilisce che:
- “La paternità e la maternità possono essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui il riconoscimento è ammesso.
- La prova della paternità e della maternità può essere data con ogni mezzo.
- La maternità è dimostrata provando la identità di colui che si pretende essere figlio e di colui che fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre.
- La sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all’epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità”.
Dalla norma soprariportata si desume che chi è nato fuori dal matrimonio e non è stato riconosciuto alla nascita da uno dei genitori può intraprendere, davanti al Tribunale, un’azione volta ad ottenere una sentenza dichiarativa della filiazione.
Azione per il riconoscimento di paternità e/o maternità: Chi sono i soggetti legittimati a proporre l’azione de qua?
Sono:
- Il figlio per il quale l’azione è imprescrittibile;
- In caso di morte del figlio i suoi discendenti che possono esercitarla entro due anni dalla morte.
Azione per il riconoscimento di paternità e/o maternità: prova.
Quanto alla prova della paternità o della maternità questa può essere data con ogni mezzo.
Si noti bene: mentre la prova della maternità risulta essere più semplice, quella della paternità è più complessa, anche se ormai si ritengono ammissibili i test sul DNA ai quali, però, il presunto genitore non può essere costretto.
Assai più delicato è il riconoscimento richiesto dai figli incestuosi, id est da coloro che sono nati da persone legate da un vincolo di parentela in linea retta o in linea collaterale (fino al 2° grado) o un vincolo di affinità in linea retta.
In questo caso, questi figli devono essere autorizzati dal Tribunale per poter agire per fare riconoscere la paternità o la maternità. Infatti, il Tribunale, prima di concedere l’autorizzazione ad agire, dovrà valutare l’interesse del figlio connesso alla necessità di evitargli qualsiasi pregiudizio.
Questa autorizzazione può essere negata.
Ecco che è d’obbligo porsi il seguente interrogativo: I genitori possono sottrarsi agli obblighi che la responsabilità genitoriale impone?
Prima di dare una risposta all’interrogativo è bene richiamare la norma di cui all’art. 279 c.c. “Responsabilità per il mantenimento e l’educazione”:
“In ogni caso in cui non può proporsi l’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità il figlio (naturale) può agire per ottenere il mantenimento, l’istruzione e l’educazione. Il figlio (naturale) nato fuori dal matrimonio se maggiorenne e in stato di bisogno può agire per ottenere gli alimenti, a condizione che il diritto al mantenimento di cui all’articolo 315-bis, sia venuto meno.
L’azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell’articolo 251.
L’azione può essere promossa nell’interesse del figlio minore da un curatore speciale nominato dal giudice su richiesta del pubblico ministero o del genitore che esercita la responsabilità genitoriale”.
La risposta all’interrogativo alla luce della norma soprarichiamata non può che essere negativa. I genitori non possono sfuggire alle responsabilità che derivano dal fatto di aver procreato un figlio anche quando non lo possono riconoscere o lui non può agire contro di loro.
Aspetti processuali
La competenza è del Tribunale Ordinario senza che assuma rilievo la maggiore o minore età del figlio.
L’azione volta ad ottenere il riconoscimento è imprescrittibile, vale a dire può essere avanzata in qualsiasi momento, anche dopo che sono trascorsi tanti anni dalla nascita.
L’atto introduttivo del procedimento riveste la forma del ricorso. Inoltre, la sentenza dichiarativa della filiazione produce gli effetti del riconoscimento e, quindi, implica per il genitore tutti i doveri propri della procreazione legittima, incluso quello del mantenimento.
In altri termini, l’obbligo dei genitori di mantenere i figli sussiste per il solo fatto di averli generati.
A cura dell’Avv. Luisa Camboni
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