Avvocati: tra i brandelli della manovra, restano solo i privilegi di pochi

Paola Parigi 15/09/11
L’iter confuso e accidentato della manovra d’agosto ha rappresentato un perfetto esempio di governo delle lobby, e di Governo sotto schiaffo del “consenso” di categoria.

I farmacisti ce l’hanno fatta, i notai pure e con loro i tassisti, a far sparire le norme che, liberalizzando il mercato, li penalizzavano direttamente e ad introdurre gli opportuni distinguo e le eccezioni redatte ad arte in fase di conversione.

E gli avvocati?

A modo loro, anche loro, ma operando dei tagli orizzontali, ovvero mantenendo alcuni privilegi già riservati a pochi e non riuscendo invece a proteggere dagli attacchi indiscriminati alla Giustizia e alle loro tasche la massa dei propri iscritti.

Dalla manovra bis è sparito ogni accenno alle «società di lavoro professionale» che avrebbero, grazie all’impianto delle società di capitali, consentito di superare i limiti imposti dall’attuale forma associativa e dalla società tra professionisti, funzionanti sulla base del modello della società semplice, non adatto ai tempi e al mercato di una avvocatura che andrebbe modernizzata.

È sopravvissuto (anche perché in gran parte già effettivo), il provvedimento di liberalizzazione della pubblicità.

È stata introdotta la polizza per responsabilità professionale obbligatoria (chi non è stato chiamato in questi tre giorni da qualche compagnia alzi la mano), che è sacrosanta ma aggiunge costi certi a guadagni incerti.

È stata confermata l’obbligatorietà della formazione permanente, osteggiata da molti ma già in vigore e fortemente voluta dalle istituzioni forensi.

In sostanza, non è cambiato niente.

È stato però pesantemente inasprito l’accesso alla giustizia, con l’introduzione del contributo unificato nei procedimenti di separazione e divorzio, che si somma al grave l’aumento contro cui Leggi Oggi ha aperto una importante campagna e all’incentivo alla mediazione, decisamente iniquo, ove non incostituzionale, ottenuto grazie alla doppia tassazione di chi non intende farvi ricorso.

Una giustizia costosa è una giustizia negata e si traduce in  una perdita secca per gli avvocati che lavorano nel contenzioso, soprattutto civile.

La clientela è già sufficientemente vessata e demotivata per non temere anche questa impennata di costi col risultato di rinunciare all’assistenza di un legale per tutelare il proprio diritto.

Dove però la voce degli avvocati ahimé si è fatta sentire, dove ha avuto uno slancio di rara elevazione, è stato nel proteggere i privilegi dei (pochi) avvocati deputati e senatori, che hanno rischiato di vedersi dimezzata l’indennità parlamentare…

Il danno di immagine è enorme.

Il cittadino pensa certamente che “tutti” gli avvocati facciano parte di una casta, mentre i più, nel silenzio assoluto, sono stati vessati e vedranno il proprio mercato, già ristretto, ridursi ulteriormente, in danno proprio e di una Giustizia giusta.

Paola Parigi

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