Giovanni Ziccardi
Giovanni Ziccardi
Sono emiliano, ma vivo a Milano da dieci anni. In Statale insegno informatica giuridica, coordino un corso di perfezionamento in computer forensics e investigazioni digitali e dirigo la rivista scientifica “Ciberspazio e Diritto”. Il mio saggio “Hacker – Il richiamo della libertà” incorpora tutti i temi che, da oltre vent’anni, mi appassionano: l’hacking, la dissidenza digitale, i diritti di libertà, le contaminazioni culturali e tecnologiche, la libertà di manifestazione del pensiero, le investigazioni. Con la Legal Drama Society mi occupo di legal thriller, soprattutto italiani, e ho scritto un libro, “Il diritto al cinema”, che ripercorre il genere legal sul grande schermo. Mi piacciono i film di Francesco Rosi, quelli di Tarantino, Elizabethtown, il Grande Lebowski, i Simpson, Boston Legal e The Big Bang Theory. Nell’Osservatorio Europeo sulla Dissidenza Digitale e le Liberation Technology studio le attività che, in tanti Paesi, stanno cambiando il panorama politico. Passo molto del mio tempo libero a sognare sulle motociclette custom australiane della Deus, su quelle italiane delle Officine Mermaid e su quelle danesi dei Wrenchmonkees. Leggo le poesie di Massimo Zamboni e di Sandro Penna, i romanzi di Emidio Clementi, i libri di Giovanni Lindo Ferretti, di Carlo Levi, di Mariolina Venezia, di Georges Simenon, gli studi sull’Olocausto e tanti, tanti gialli e legal thriller. Ascolto musica malinconica: Sparklehorse, Uncle Tupelo, Wilco, gli Afterhours, Sophia, Joseph Arthur, oltre a Frank Zappa, i Credence e rock-folk anni settanta. Ho inciso, con alcuni musicisti internazionali, un album, “Father Demo”, dedicato alla memoria di mio padre. Mi sono innamorato delle terre della Lucania, della Puglia e delle Murge, e le ho fatte diventare protagoniste di un thriller, “L’ultimo hacker”, in uscita nelle “Farfalle” di Marsilio, la stessa collana della trilogia di Stieg Larsson. Ho abitato a Praga, senza dubbio la mia città preferita. Ho un beagle, Fonzie, e spero che al più presto chiudano Green Hill a Montichiari e liberino quei poveri cani. Una volta, a New York, ho conosciuto George Jefferson. Delle Lavanderie Jefferson.
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