E’ stato lo stesso ministro dell’Economia Saccomanni a fugare ogni dubbio sulla possibilità di un ritorno dell’aliquota Iva al 21%; “è già legge; è il decreto del 2011 che portava l’Iva a questo livello. Non c’è niente da fare”. Un riferimento al provvedimento Berlusconi-Tremonti dell’estate di tre anni fa che stabiliva un incremento dell’Iva nel caso in cui non fossero stati messi in atto i tagli al welfare e alle agevolazioni fiscali. Provvedimento che, successivamente, fu confermato dal Governo Monti a cui faceva comodo visto il recupero di liquidità che metteva in atto.
Dunque i cittadini, i consumatori, dovranno mettersi definitivamente il cuore in pace, l’ultima occasione buona per eliminare l’attuale aliquota maggiorata era venerdì scorso, quando c’è stato il consiglio dei ministri che, nemmeno a dirlo, aveva rinviato la questione. Dal punto di vista dei conti pubblici viene eliminata una “mina” dal valore di un miliardo per quest’anno e viene allontanato anche il pericolo di dover ricorrere a coperture peggiori del male come l’aumento della benzina e l’aumento degli acconti fiscali di fine anno.
Rimangono le promesse delle organizzazioni dei commercianti e degli artigiani che, con ogni probabilità, considerata la flessione dei consumi, non potranno scaricare totalmente l’Iva sui prezzi e dovranno ridurre i margini. L’operazione è possibile a colossi come l’Ikea, che ha già avvisato che non darà vita ad un adeguamento dei prezzi al rialzo, però la piccola distribuzione non è nella stessa posizione di poter garantire una cosa del genere.
Sull’incidenza che l’incremento dell’aliquota avrà i toni degli specialisti sono piuttosto cauti ” avrà qualche effetto, ma non dirompente” ha spiegato l’economista Gross Pietro. Lo stesso Saccomanni in una intervista rilasciata domenica al Sole 24 ore aveva invitato ” a non enfatizzare un impatto che poi è molto limitato”.
Se è vero che i rincari previsti sulle famiglie sono una media di 200 euro, e dunque la stima è in linea con le parole dei tecnici, è però pur vero che resta folto, eterogeneo e nutrito lo schieramento di quanti non voglio l’aumento dell’Iva, a partire dalla Cgia di Mestre che ha chiesto ieri “adesso il governo abbassi l’Iva“. Si unisce, seppure con toni più sommessi, il Pdl per bocca del suo segretario Micaela Biancofiore; “subito un decreto”.
Letta , tuttavia, nel suo discorso al Senato, non ha affrontato il tema, limitandosi a ripetere che ci sarà solo una “revisione completa delle aliquote” con l’obiettivo , ipotizzabile, di stemperare l’incidenza per l’anno prossimo. Torna di grande attualità la disputa in merito ai conti pubblici; val termine del 15 ottobre, indicato per il varo della legge di Stabilità, si arriverà , come ha detto Letta “con il fiatone per il tempo perso” e l’argomento principale sarà il cuneo fiscale.
Il programma è lo stesso anche per la manovrina che è stata rinviata la scorsa settimana, almeno per quanto riguarda il rientro al 3% del deficit, mentre per la seconda rata Imu la vicenda potrebbe riaprirsi; si “conferma la rotta” ha dichiarato Letta. Dovrebbe, invece, partire senza problemi la spending review e sarà condotta, come ha detto lo stesso premier, da Carlo Cottarelli dell’Fmi.
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