E’ un quadro angosciante, che non lascia via d’uscita ai contribuenti una volta che potrebbe innescarsi: se scatterà la maledetta clausola di salvaguardia, infatti, gli aumenti dell’Iva andrebbero di pari passo, senza, però, apportare significativi benefici all’economia nazionale.
Ne consegue che ulteriori misure di austerity potrebbero essere varate in seguito al mancato gettito derivate dall’incremento delle aliquote sui beni di consumo.
Altro che film dell’orrore, si tratta di una prospettiva che potrebbe realizzarsi senza troppe difficoltà nell’arco di pochi mesi. Come noto, infatti, dipende tutto dal raggiungimento degli obiettivi di risparmio che il governo ha fissato in accordo con le istituzioni europee, ponendo come “garanzia” sui tagli la clausola di salvaguardia, che finirebbe per attivarsi qualora i risultati della spending review siano meno soddisfacenti di quanto preventivato.
Il pericolo, messo nero su bianco nell’ultima finanziaria e confermato con l’attuale legge di bilancio in discussione a Montecitorio, riguarda gli scatti dell’Iva previsti in caso di risparmi sotto le attese con il piano di razionalizzazione della spesa pubblica.
Così, in brevissimo tempo, si potrebbe passare al 25,5% dell’aliquota di fascia alta, e al 13% per quella intermedia, con i primi incrementi già tra dodici mesi, che finirebbero nel vicino 2017.
Secondo il governo, aumentare l’Iva potrebbe portare in cassa allo Stato 2,3 miliardi per ogni punto dell’a seconda aliquota e ben 4 per ogni 1% aggiunto alla prima. In sostanza, se gli aumenti si dovessero realizzare, si tratterebbe di 15 miliardi in più di versamenti Iva ogni anno.
Insomma, un cammino già segnato, sempre che il governo non stupisca gli osservatori con risultati record sul piano della finanza pubblica, obiettivo, al momento, assai remoto viste le difficoltà con cui la finanziaria è stata fatta digerire prima alla Ragioneria di Stato e poi alla Commissione europea.
Ora, è la Banca d’Italia a lanciare il nuovo allarme: “Più elevata è l’imposizione – ha infatti notato il vcedirettore SIgnorini nell’audizione che ha visto bocciare duramente la legge di stabilità alla Camera – tanto maggiore è l’incentivo all’occultamento delle transazioni finanziarie”.
Considerazioni, queste, che derivano da seri dubbi coltivati dall’istituto di credito nazionale riguardo il gettito in entrata nei prossimi mesi, dopo il varo della legge di stabilità 2015, per effetto dell’attivazione di “clausole di salvaguardia che si connotano sempre più come soluzioni che rispecchiano difficoltà e ritardi nell’effettiva realizzazione della revisione della spesa pubblica”.
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