La questione sottoposta al vaglio delle SS.UU. riguardava la necessità o meno di comunicare preventivamente al contribuente l’iscrizione ipotecaria immobiliare, per debiti erariali non pagati. Peraltro l’obbligo di comunicazione preventiva è stato imposto, rispetto ai fatti di causa, solo successivamente con il D.l. n. 70/2011, disposto a norma del quale è stato introdotto – nell’impianto normativo dell’art. 77 del DPR 602/1973 – il comma 2 bis, a mente del quale “L’agente della riscossione è tenuto a notificare al proprietario dell’immobile una comunicazione preventiva contenente l’avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà iscritta l’ipoteca di cui al comma 1”.
La S.C. prima di dirimere il quesito, in via preliminare, osserva che l’art. 6, co. 5, dello statuto del contribuente prevede che debba esser garantita l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati, e dunque la previsione normativa richiamata impone che l’iscrizione di ipoteca debba esser comunicata al contribuente, costituendo un atto lesivo della sfera giuridica di quest’ultimo.
Siffatto orientamento costituisce una specifica attuazione del principio generale emergente dall’art. 7 della legge 241/1990, norma quest’ultima che impone – a tutela ed espressione di un dogma di rango costituzionale – l’obbligo della comunicazione dell’avvio del procedimento ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti.
Invero nell’ordinamento tributario lo statuto del contribuente costituisce un complesso di norme, la cui precipua funzione è quella di improntare l’attività dell’amministrazione finanziaria alle regole dell’efficienza e della trasparenza, nonché quella di assicurare l’effettività della tutela del contribuente, nella fase dei procedimento tributario.
La pretesa tributaria, alla luce delle richiamate norme, trova legittimità nella formazione procedimentalizzata di una “decisione partecipata” mediante la promozione del contraddittorio (che sostanzia il principio di leale collaborazione, di cui all’art. 10 dello Statuto) tra amministrazione e contribuente (anche) nella “fase precontenziosa” o endo-doprocedimentale”, al cui ordinato ed efficace sviluppo è funzionale il rispetto dell’obbligo di comunicazione degli atti imponibili. Il diritto al contraddittorio, ossia il diritto del destinatario del provvedimento ad essere sentito prima dell’emanazione di questo, è posto a salvaguardia del diritto di difesa del contribuente (art. 24 Cost.) nonchè del buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.).
Dopo aver proceduto a una disamina delle principali sentenze formulate dalla giurisprudenza interna di vertice, al cui apice, va collocata la sentenza SS.UU. 18184/2013, la S.C. afferma, mutuando il principio cardine emerso in quest’ultima sentenza, che la “sanzione” della invalidità dell’atto conclusivo del procedimento – emesso ante tempus, rispetto ai 60 gg dalla notifica del p.v.c. utili alla produzione di memorie difensive da parte del contribuente – pur non espressamente prevista, “deriva ineludibilmente dal sistema ordinamentale, comunitario e nazionale, nella quale la norma opera e, in particolare, dal rilievo che il vizio del procedimento si traduce, nella specie, in una divergenza dal modello normativo di particolare gravità, in considerazione della rilevanza della funzione, di diretta derivazione da principi costituzionali, cui la norma stessa assolve e della forza impediente, rispetto al pieno svolgimento di tale funzione, che assume il fatto viziante”.
Il “contradittorio endoprocedimentale” costituisce peraltro anche secondo principi di diritto di derivazione comunitaria, formulati nella causa C-349/07, una norma giuridica deputata alla salvaguardia del diritto di difesa del contribuente e di corretta formazione di una “decisione partecipata” tra quest’ultimo e Parte erariale.
Ne deriva dunque, secondo la S.C., a corollario di quanto retro argomentato che l’iscrizione di ipoteca non preceduta dalla comunicazione al contribuente è nulla, in ragione della violazione dell’obbligo che incombe all’amministrazione di attivare il “contraddittorio endoprocedimentale”, mediante la preventiva comunicazione al contribuente della prevista adozione di un atto o provvedimento che abbia la capacità di incidere negativamente, determinandone una lesione, sui diritti e sugli interessi del contribuente medesimo.
Questo per le Sezioni Unite porta a ritenere che: “Anche nel regime antecedente l’entrata in vigore del comma 2-bis dell’art. 77, d.P.R., introdotto con d.l. n. 70 del 2011, l’amministrazione prima di iscrivere ipoteca ai sensi dell’art. 77, d.P.R. n. 602 del 1973, deve comunicare al contribuente che procederà alla predetta iscrizione sui suoi beni immobili, concedendo a quest’ultimo un termine – che, per coerenza con altre analoghe previsioni normative presenti nel sistema, può essere fissato in trenta giorni – perché egli possa esercitare il proprio diritto di difesa, presentando opportune osservazioni, o provveda al pagamento del dovuto. L’iscrizione di ipoteca non preceduta dalla comunicazione al contribuente è nulla, in ragione della violazione dell’obbligo che incombe all’amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, mediante la preventiva comunicazione al contribuente della prevista adozione di un atto o provvedimento che abbia la capacità di incidere negativamente, determinandone una lesione, sui diritti e sugli interessi del contribuente medesimo. Tuttavia, in ragione della natura reale dell’ipoteca, l’iscrizione eseguita in violazione del predetto obbligo conserva la propria efficacia fino a quando il giudice non ne abbia ordinato la cancellazione, accertandone l’illegittimità”.
Alla luce di questi principi di diritto sarà interessante rilevare come si atteggerà la giurisprudenza tributaria in quelle controversie in cui il ricorrente nell’impugnare il titolo impositivo ha eccepito, in via pregiudiziale, le predette violazioni, tenuto conto anche che in molti casi il “contraddittorio endoprocedimentale”, a fronte di inviti ex art. 32 del d.P.R. n. 600/1973, si traduce in molti casi in un “passaggio di documenti” all’Ufficio finanziario e solo nel caso di “verifiche fiscali” l’Ufficio finanziario producendo il p.v.c. e comunque gli esiti finali dell’attività di verifica, mette il contribuente nelle condizioni di formulare, ex art. 12, co 7, dello statuto del contribuente, le proprie deduzioni difensive.
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