Per meglio capire quanto affermato dalla Cassazione, cerchiamo di affrontare l’argomento secondo il metodo giornalistico e, cioè domanda e risposta, per renderlo più comprensibile anche al lettore “non addetto ai lavori”.
Che cosa è l’assegno di mantenimento? Che cosa è l’assegno di divorzio?
L’assegno di mantenimento è il contributo mensile che il marito versa alla moglie dopo la separazione e prima del divorzio. La ratio di tale assegno è quella di eliminare ogni disparità di reddito tra moglie e marito.
L’assegno di divorzio è, invece, il contributo che il marito versa alla moglie dopo il divorzio e fino a quando non interviene una nuova pronuncia del Giudice che lo revoca o lo riduce. In materia di diritto di famiglia, infatti, in virtù del principio rebus sic stantibus è sempre possibile modificare le decisioni del Giudice quando si verificano nuovi elementi che mutino le condizioni economiche degli ex coniugi.
La misura dell’assegno di divorzio dipende da una serie di fattori come:
- la situazione reddituale dei due coniugi,
- la durata del matrimonio,
- la capacità lavorativa del coniuge col reddito più basso;
- la disponibilità della casa.
Trascorso il termine di 6 mesi – in caso di separazione consensuale – o di un anno in caso di separazione giudiziale – i coniugi possono rivolgersi al Giudice perché pronunci sentenza di divorzio. In questo caso l’assegno di mantenimento verrà sostituito dall’assegno di divorzio. Ed è proprio sull’assegno divorzio che è intervenuta la Cassazione.
Con il divorzio il rapporto coniugale viene meno e, pertanto, dicono i Giudici di Piazza Cavour non vi è più ragione di garantire alla moglie lo stesso tenore di vita di cui godeva durante il matrimonio. La ratio dell’assegno di divorzio deve essere, continuano i Giudici di Piazza Cavour, quella di garantire alla moglie una “autosufficienza economica” ovvero ”poter badare a se stessa” (Cass. sent. n. 11504/17 del 10.05.2017).
Quando la ex moglie non ha diritto all’assegno di divorzio?
L’ex moglie non ha diritto all’assegno se è autosufficiente, cioè è in grado di badare a se stessa.
Qual è l’importo per ritenere la donna autosufficiente?
La risposta all’interrogativo è fornita dai Giudici Meneghini: l’autosufficienza si raggiunge percependo mille euro al mese.
Attenzione! A determinare l’autosufficienza non concorre solo il reddito, ma anche la capacità lavorativa. Infatti, il Giudice può negare il mantenimento all’ex moglie che giovane, con formazione culturale, capacità lavorativa, è in grado di trovarsi un’occupazione che le consenta di mantenersi da sé.
Mentre i Giudici ritengono che abbia diritto all’assegno di divorzio e, quindi che il marito provveda, la donna che si è sempre dedicata alla casa, alla famiglia, tenendosi lontana dal mondo del lavoro ed avendo già raggiunto una certa età (50 anni).
In presenza di quali fattori la donna può ritenersi autosufficiente?
I fattori possono essere:
1.il possesso di redditi di lavoro autonomo o dipendente;
- il possesso di altri redditi di natura mobiliare (ad esempio investimenti o quote societarie) o immobiliari (ad esempio canone di locazione di un immobile). In questo caso non avrebbe diritto al mantenimento se quanto percepisce garantisce l’autosufficienza;
- la capacità lavorativa tenuto conto dell’età, dello stato di salute…
In presenza di tali fattori la donna non ha diritto a percepire l’assegno di divorzio. Il matrimonio cessa così di essere “sistemazione definitiva”: sposarsi, sostengono i Giudici di Piazza Cavour, è un “atto di libertà e autoresponsabilità“.
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