Ed è quello che ha applicato il Tribunale di Teramo, che con sentenza definitiva pose a carico della moglie l’obbligo di corrispondere al marito un assegno di mantenimento di Euro 500 mensili.
Nello stesso senso, la sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila accogliendo parzialmente la sentenza di I grado rivalutava in aumento l’ assegno di mantenimento che passava a 800 euro mensili.
Presupposti della decisione erano da ricercare nei cospicui redditi di cui godeva la moglie e lo stato di mobilità in cui era ricaduto il marito in seguito al licenziamento da parte dell’ azienda, facevano della prima, il coniuge economicamente più forte.
Avverso tale sentenza la ricorrente proponeva ricorso lamentando violazione dell’art. 156 c.c., vizio di motivazione, violazione dell’art. 112 c.p.c. e l’altro dell’art. 2697 c.c.
La Corte di Cassazione con sentenza n. 8716/15 ebbe modo di puntualizzare che una generica elencazione degli elementi di prova non bastavano per ottenere l’accoglimento della propria domanda.
Ne consegue, il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
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