I giudici di Piazza Cavour hanno, dunque, affermato il principio di diritto secondo cui regge la “continuità normativa tra le nuove disposizioni in materia di istigazione alla corruzione contenute nei commi 1 e 3 dell’art. 322” del Codice penale, “come sostituite dalla legge n. 190 del 2012, e le previgenti disposizioni contenute nei medesimi commi”.
La motivazione sottostante spiega come la finalità delle suddette modifiche risponda esclusivamente allo scopo di conformare le due fattispecie incriminatorie della istigazione alla corruzione, ivi previste, alla nuova figura criminosa della corruzione per l’esercizio delle funzioni, di cui all’art. 318 del Codice, anch’esso sostituito dalla stessa legge n. 190 del 2012.
Tutto ciò, fatto salvo il divieto di applicazione retroattiva delle nuove norme, ex art. 2 comma 4 del Codice Penale, nella sezione in cui si prefigura l’ampliamento della portata operativa della nuova fattispecie di corruzione di cui al predetto art. 318, articolo che peraltro assorbe la ‘datata’ ipotesi della corruzione impropria, ed “incrementata la relativa cornice sanzionatoria”.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento