Anticorruzione: a che punto siamo. Il testo e il dossier della Camera

Redazione 14/07/12
Prosegue la prossima settimana l’esame, nelle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia del Senato del ddl 2156-B e connessi contenente norme anticorruzione.

Il relatore per la Commissione affari costituzionali sen. Ceccanti, aveva notato durante la sua relazione che il provvedimento giunge dalla Camera fortemente modificato e ampliato rispetto alla precedente lettura del Senato: le modifiche riguardano le finalità dell’autorità nazionale anticorruzione e le modalità con cui è strutturato il piano nazionale anticorruzione. È stato inserito un nuovo articolo 2, ai fini della copertura del funzionamento della Ci.V.I.T. L’articolo 3, oltre alle norme sulla trasparenza dell’attività amministrativa, introduce una delega molto dettagliata al Governo per il riordino della relativa disciplina.

Il relatore Balboni ha messo in luce la previsione che che i magistrati possano rimanere fuori ruolo per non più di cinque anni consecutivi e, nel corso della carriera, per un massimo di dieci anni. E’, poi, ridefinito il reato di concussione di cui all’articolo 317 che diventa riferibile al solo pubblico ufficiale (e non più anche all’incaricato di pubblico servizio).

La corruzione per un atto d’ufficio è ora rubricata come “Corruzione per l’esercizio della funzione“, sanzionato più severamente (la reclusione da uno a cinque anni, anziché da sei mesi a tre anni). Con la riformulazione dell’articolo 318 (cd. corruzione impropria) vengono ridelimitate le diverse forme di corruzione: da una parte, la corruzione propria di cui all’articolo 319, che rimane ancorata al compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio; dall’altra, l’indebita ricezione o accettazione della promessa di denaro o altra utilità di cui al nuovo articolo 318, che risulta adesso collegata all’esercizio delle funzioni e non al compimento di un atto dell’ufficio.

Il “traffico di influenze illecite” (nuovo articolo 346-bis) punisce con la reclusione da uno a tre anni chi sfrutta le sue relazioni con il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio al fine di farsi dare o promettere denaro o altro vantaggio patrimoniale come prezzo della sua mediazione illecita ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. La stessa pena si applica a chi dà o promette denaro o altro vantaggio.

Per l’abuso d’ufficio si inasprisce la pena della reclusione (da uno a quattro anni anziché da sei mesi a tre anni).

Qui il Dossier del Servizio studi del Senato “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, il testo modificato dalla Camera dei Deputati

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