La prima di dette due ordinanze, in particolare, ha così argomentato:
“Tale soluzione appare comunque preferibile per ragioni sistematiche e per esigenze di uniformità di tutela dei creditori. La più persuasiva fra queste ragioni è che il mancato richiamo dell’art. 2394 da parte dell’art. 2476 (dopo la riforma del 2003) crea una lacuna che – se non colmata attraverso l’applicazione analogica della norma dettata per le società per azioni – determina una disparità di trattamento fra i creditori di s.r.l. e quelli di s.p.a. non giustificata dalla diversa disciplina dei due tipi societari. Ulteriore irragionevole disparità verrebbe a crearsi fra gli amministratori e i liquidatori di s.r.l., questi ultimi, a differenza dei primi, soggetti alla responsabilità verso i creditori sociali, in base alle previsioni degli art. 2485 e 2486 c.c. (prospettiva che può risultare paradossale proprio in casi come il presente, in cui gli atti pregiudizievoli per i creditori sono stati commessi prima della messa in liquidazione e la società perviene alla fase liquidatoria ormai “svuotata” dei propri elementi attivi più significativi). Si consideri infine che la responsabilità degli amministratori di s.r.l. verso i creditori per il compimento di atti di dispersione del patrimonio non pare potersi escludere, quantomeno, sulla base della generale previsione dell’art. 2043 c.c. (pure richiamato dalla società ricorrente). Una diversa soluzione infatti finirebbe per condurre alla (inquietante) prospettiva per cui gli amministratori di s.r.l. non sono responsabili verso i creditori della conservazione del patrimonio sociale”.
La seconda pronuncia, che ha confermato la prima, ha motivato come segue:
“La scelta sarebbe stata compiuta dal legislatore per rimarcare in maniera più netta le differenze tra le due forme di società, e neppure potrebbe ravvisarsi, all’interno della disciplina delle s.r.l., una disparità di trattamento nel fatto che le disposizioni degli artt. 2485 e 2486 c.c. prevedano la responsabilità dei liquidatori e, prima della loro nomina, degli amministratori delle s.r.l., per la mancata conservazione dell’integrità del patrimonio sociale, allorché si sia verificata una causa di scioglimento, poiché quelle previsioni di riferirebbero ad una particolare momento della vita della società, e ciò alla fase di scioglimento e liquidazione.
Invero, le più rilevanti disparità di trattamento, che inducono realmente a dubitare dell’esistenza di un difetto di coordinamento, sono tutte interne alla disciplina delle s.r.l. e riguardano situazioni in cui non è ipotizzabile una diversità di ratio.
Si tratta del caso in cui la s.r.l. abbia un collegio sindacale obbligatorio, al quale, ai sensi dell’art. 2477, comma 4, debbono applicarsi le disposizioni previste per le società per azioni e dunque anche la norma di cui all’art. 2407, comma 2, c.c. che richiama l’art. 2394 c.c., con la conseguenza che i creditori sociali potrebbero agire contro i sindaci per l’omesso controllo, che avrebbe concorso a determinare l’insufficienza del patrimonio sociale, ma non contro gli amministratori che abbiano direttamente provocato la riduzione del patrimonio sociale. Analogamente, nel caso di s.r.l. soggetta a direzione e coordinamento, ai sensi dell’art. 2497, comma 1, ultima parte, c.c., risponde nei confronti dei creditori sociali, per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio sociale, non solo la società che svolge attività di direzione, ma anche chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo, ivi compresi, quindi – non essendovi alcuna distinzione in relazione al tipo di società controllata – gli amministratori della s.r.l. controllata”
2) Queste decisioni hanno così fatto chiarezza su una questione dibattuta, che vedeva contrapporsi due scuole di pensiero:
a. quella dominante, secondo la quale, l’art. 2476 c.c., nella parte in cui non prevede più il richiamo all’art. 2394 c.c., ha creato un “vuoto normativo”, colmabile con l’applicazione analogica dell’art. 2394 c.c., che prevede appunto la responsabilità degli amministratori della S.p.A.
b. e quella minoritaria, secondo la quale l’art. 2476 c.c. sarebbe invece il risultato di una ben precisa scelta del legislatore, il quale avrebbe così inteso escludere, nelle s.r.l., l’obbligo degli amministratori di s.r.l. di conservare l’integrità patrimoniale e, quindi, la possibilità dei creditori sociali di proporre nei loro confronti un’azione di responsabilità, sia essa quella prevista dall’art. 2394 c.c. sia quella di cui all’art. 2043 c.c..
3) Le pronunce commentate sono giuste e condivisibili, in quanto:
a. che l’omessa previsione, nell’art. 2476 c.c., dell’azione di responsabilità dei creditori sociali della srl nei confronti degli amministratori che non abbiano conservato l’integrità del patrimonio, sia il risultato di una “svista” del legislatore e non di una sua intenzionale scelta, è certo provato dai lavori preparatori dell’art. 146 della riforma del diritto fallimentare, che hanno lasciato agli interpreti di valutare se l’amministratore debba rispondere verso i creditori sociali della s.r.l. per non aver conservato l’integrità del patrimonio sociale;
b. non vi sono differenze tra la s.r.l. e la s.p.a. che giustifichino l’esclusione, nelle sole s.r.l., dell’obbligo dell’amministratore di conservare l’integrità del patrimonio e della conseguente azione di responsabilità contro gli stessi, per violazione di tale obbligo.
Infatti, nelle s.r.l., esattamente come nelle s.p.a., il creditore sociale può far conto unicamente sul patrimonio sociale.
Proprio perciò, si giustifica il fatto che al creditore competa l’azione di responsabilità verso gli amministratori ex art. 2394 c.c.: diversamente, l’amministratore potrebbe impunemente azzerare il patrimonio sociale, vanificando le ragioni dei creditori sociali.
Nelle società di persone, invece, la garanzia per il soddisfacimento dei crediti sociali è costituita sia dal patrimonio societario sia da quello dei soci illimitatamente responsabili, sia pur con il temperamento del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale, prima di poter agire esecutivamente su quello del socio illimitatamente responsabile. Perciò, mentre per le società personali la mancata previsione dell’azione di responsabilità dei creditori sociali verso gli amministratori appare giustificata, al contrario, pare contrario all’art. 3 Cost. prevedere tale azione solo per le s.p.a. e non anche per le s.r.l., che presentano identiche situazioni, quanto al profilo in esame .
A ciò si aggiunga che i principi posti dalla legge delega (L. n. 366 del 2001) non menzionano alcuna eliminazione della responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori.
c. perciò, il vuoto normativo generato dalla mancata previsione dell’obbligo degli amministratori di srl (previsto invece per quelli di spa) e dell’azione di responsabilità (non previsto per le sole srl daell’art. 2476 c.c., e previsto invece per le spa dall’art. 2394 c.c.), se non colmato, genererebbe l’incostituzionalità dell’art. 2476 c.c., per violazione dell’art. 3 Cost., per il trattamento irragionevolmente diverso di situazioni eguali, quali sono, appunto, quelle dei creditori della s.r.l. (per i quali non sarebbe previsto né l’obbligo di conservazione del patrimonio sociale né l’azione di responsabilità contro l’amministratore, in effetti non previsti dall’art. 2476 c.c.) e dei creditori della s.p.a., (per i quali, invece, tutto ciò è previsto dall’art. 2394 c.c.);
d. questo vuoto normativo dell’art. 2476 c.c., risultato di una “svista” del legislatore, è quindi colmabile applicando analogicamente l’art. 2394 c.c., previsto per le s.p.a., alle s.r.l…
In tal modo, ad avviso di chi scrive, si evita l’assurda conseguenza (determinata dal vuoto normativo creato dall’art. 2476 c.c.) per cui l’intenzionale “svuotamento” del patrimonio societario di una srl (a differenza di quello della spa), eseguito dall’amministratore per non pagare i debiti della società, debba considerarsi legittimo, e l’amministratore che commette tale atto non possa essere considerato responsabile dello “svuotamento” verso i creditori sociali (salvo il caso del fallimento della s.r.l., caso in cui il Curatore può proporre l’azione di responsabilità prevista dall’art. 146 L.F.).
Ed in effetti a chi scrive tale assurda conseguenza pare completamente contraria al principio generale del diritto previsto dall’art. 2043 c.c., anche perché l’amministratore di una s.r.l., che è terzo rispetto ad un creditore sociale.
Sin dalla famosa sentenza del c.d. Caso Meroni , la tutela aquiliana è stata estesa alla tutela del credito e, da allora, la giurisprudenza e la dottrina assolutamente hanno sempre confermato tale linea.
Il sottoscritto ritiene, quindi, che non vi sia ragione per non riconoscere la possibilità di promuovere azione di responsabilità aquiliana, in aggiunta a quella di cui all’art. 2394 c.c., applicabile analogicamente anche alle s.r.l., o quantomeno in via sussidiaria, a chi, come il creditore di una s.r.l., veda pregiudicato il suo credito dall’atto dell’amministratore della s.r.l. che pregiudichi l’aspettativa all’adempimento del creditore sociale.
E’ infatti evidente che in tal modo, l’amministratore cagiona un danno ingiusto, pregiudicando le ragioni creditorie di quel creditore.
Allo stesso tempo, l’azione di cui all’art. 2394 c.c., almeno per quanto riguarda la posizione dei creditori, che qui interessa, è prevalentemente ritenuta avente natura diretta, autonoma, e soprattutto extracontrattuale perché nessun rapporto contrattuale esiste tra l’amministratore e il terzo creditore .
Ebbene, di recente, nella pur differente materia dell’appalto, la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite , ha ritenuto che l’azione di cui all’art. 2043 c.c. sia esperibile in via sussidiaria rispetto alle azioni previste dalle speciali norme in tema d’appalto ed in particolare dall’art. 1669 c.c., affermando proprio che quest’ultima azione è uno speciale tipo di azione aquiliana.
Chi scrive ritiene, pertanto che, pur essendo pacificamente applicabile analogicamente l’art. 2394 c.c., per le molteplici e convicenti ragioni sopra esposte, non vi sia davvero ragione per escludere la possibilità del creditore di promuovere l’azione aquiliana prevista dall’art. 2043 c.c., quantomeno in via sussidiaria, essendo quella prevista dall’art. 2394 c.c. una speciale ipotesi di azione di responsabilità extracontrattuale.
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