Amministratori locali: rimborsabili le spese legali ?

Tra tanti costi che la politica riversa sui cittadini, c’è un onere che non si sa a chi addebitare: le spese legali sostenute per atti compiuti in qualità di amministratore locale.
Secondo la Corte dei Conti, sezione giurisprudenziale della Basilicata (sentenza n. 165/2012), non è possibile rimborsare agli amministratori locali le spese sostenute per giudizi instaurati per attività poste in essere nell’esercizio delle proprie funzioni.
Mentre per la sezione giurisdizionale regionale della Puglia (sentenza n. 787/2012) le spese legali per un procedimento penale subito ingiustamente, a causa delle funzioni per legge esercitate, devono essere necessariamente indennizzabili.

Dello stesso avviso la sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Lombardia (deliberazione n. 86/2012/Par) che ritiene che chi agisce in forza di un mandato elettorale deve essere tenuto indenne dalle conseguenze economiche subite per la corretta e legittima esecuzione dell’incarico ricevuto.
In passato il rimborso è stato ritenuto ammissibile grazie ad un’interpretazione estensiva affermatasi in giurisprudenza.
L’art. 3 del D.L. n. 543/1996, convertito in L. 20.12.1996, n. 639, co. 2-bis, ammetteva il rimborso delle spese legali in favore di coloro i quali, sottoposti al giudizio della Corte dei Conti, fossero stati prosciolti. L’esplicita previsione legislazione favorì il progressivo allargamento agli amministratori del diritto al rimborso delle spese legali sostenute per i giudizi di responsabilità civile, penale ed amministrativa, purché avvenute in ragione dell’espletamento del mandato e tenuto conto della funzione pubblica loro riconosciuta.
La Cassazione civile, sez. unite intervenne sul tema, con la sentenza n. 478/06, trattando della natura del beneficio del rimborso delle spese legali in favore dei dipendenti ed amministratori pubblici e del riparto di giurisdizione, si pronunciò in maniera netta in favore della tesi della consistenza di un diritto perfetto del beneficio al rimborso.
Per quanto riguarda gli amministratori pubblici introdusse il concetto di “funzionari onorari del comune, ossia persone fisiche che prestano la propria opera per conto dell’ente pubblico non a titolo di lavoro subordinato (nella fattispecie assessore e vicesindaco)”, stabilendo che “in mancanza di specifica disposizione che regoli i rapporti patrimoniali con l’ente rappresentato, la pretesa di rimborso delle spese processuali, ammesso che esista una lacuna normativa, non può che assumere la consistenza del diritto soggettivo perfetto, da esercitare davanti al giudice ordinario, in base ad una disposizione di legge, l’art. 1720 c.c., da applicare in via analogica ai sensi dell’art. 12, comma 2, disposizioni preliminari al codice civile”.
Secondo parte della giurisprudenza il rimborso delle spese sarebbe spettato in forza dei principi generali del diritto civile dettati dall’art. 1720, comma II, codice civile (in tal senso: Corte di Cassazione, sent. n. 10052/2010, n. 25690/2011; Consiglio di Stato n. 2242/2000).
Secondo altro orientamento (ex plurimis, Corte Conti, Sez. Giur. Puglia, sent. 14.06.2012, n. 787; Sez. II Appello, n. 522/2010; Sez. Giur. Lombardia, 19 ottobre 2005, n. 641, Sez. giur. Liguria, 636/2008, nonché, Cons. Stato, sez. V, 14.04.2000, n. 2242; 17 luglio 2001, n. 3946; n . 949/2001; Cass. civ., Sez. I, 16.04.2008, n. 10052) si poteva ricorrere alla normativa dettata per i dipendenti degli enti pubblici dall’art. 67 del d.P.R. n. 268/1987, che recita “1. L’Ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura del procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio o all’adempimento dei compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento. 2: In caso di sentenza di condanna esecutiva per fatti commessi con dolo o con colpa grave l’Ente ripeterà dal dipendente tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa in ogni grado di giudizio.”
Dello stesso orientamento era anche il Ministero dell’Interno (nota 12 luglio 2002 prot. 15900/10/B/l/A) per il quale sarebbe “praticabile la rifusione delle spese legali sostenute dagli amministratori se gli atti o i fatti dedotti in giudizio siano stati posti in essere nell’espletamento del mandato o del servizio ed a condizione che, riconosciuta l’assenza del dolo o colpa grave, il procedimento si sia concluso con una sentenza di assoluzione con formula piena, passata in giudicato” .
I magistrati contabili lucani, con la citata sentenza n. 165/2012, hanno escluso entrambe le ipotesi.
L’art. 1720 del codice civile, secondo comma, dispone che “il mandante deve inoltre risarcire i danni che il mandatario ha subito a causa dell’incarico”.
Il mandante, quindi, deve rimborsare i danni che il mandatario ha patito a causa dell’incarico, senza poterli evitare, fatti salvi quelli dovuti a colpa del mandatario.
La Corte di Cassazione ha ritenuto applicabile tale principio agli amministratori di società di capitali affermando “…che la posizione degli amministratori, quanto ai rapporti societari interni, è simile a quella del mandatario…”.
Sono, quindi, addebitabili alla Società di capitali le spese legali sostenute dal proprio amministratore a condizione, però, che quest’ultimo le abbia sostenute a causa e non semplicemente in occasione del proprio incarico.
L’amministratore locale è legato al comune, da un rapporto che gli ermellini hanno giudicato assimilabile a quello del funzionario onorario e, pertanto, può ottenere, in applicazione analogica dell’art. 1720, comma 2, c.c., soltanto il rimborso delle spese sostenute a causa del proprio incarico, e non semplicemente in occasione del medesimo.
Non può, quindi, pretendere il rimborso delle spese effettuate per difendersi in un processo penale nemmeno nel caso in cui sia stato assolto, poiché le spese legali non derivano da un nesso di causalità diretta con l’esecuzione del mandato, ma tra l’uno e l’altro si pone un elemento intermedio, dovuto all’attività di una terza persona, pubblica o privata, e costituito dall’accusa poi rivelatasi infondata.
L’assimilabilità degli amministratori locali ai dipendenti comunali viene, invece, esclusa dai magistrati lucani perché l’interpretazione per analogia, può essere applicata solo quando si fa riferimento ad una norma diretta a regolare un caso simile o una materia equivalente. Nel caso della rimborsabilità delle spese legali l’interpretazione analogica non è giudicata ammissibile poiché la fattispecie di riferimento riguarda altri soggetti, collocati in posizioni e ruoli differenti, sottoposti ad un diverso trattamento giuridico.
La stessa sezione regionale di controllo della Basilicata (deliberazione n. 126/2013/Par) ha, poi, escluso il possibile ampliamento della rimborsabilità delle spese legali agli amministratori, tramite una previsione regolamentare.
Tale norma non mirerebbe ad organizzare una funzione né inciderebbe, direttamente o indirettamente, su di essa ma riguarderebbe lo status giuridico degli amministratori locali, disciplinabile solo con legge.
Sulla rimborsabilità delle spese legali, la sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Lombardia (deliberazione n. 86/2012/Par) è di avviso opposto.
Secondo principi di ragionevolezza ed equità ritiene che i soggetti che agiscono nell’interesse pubblico debbano essere tutelati, qualora vengano coinvolti, in maniera ingiusta, in procedimenti penali, per fatti connessi all’espletamento del proprio mandato.
Secondo i giudici contabili lombardi, a differenza dei loro colleghi lucani, le spese legali non costituiscono un pregiudizio connesso da mera relazione di occasionalità, ma sono spesso, invece, uniti da un legame di causalità con l’incarico ricevuto.
Un discorso a parte merita la Sicilia, dove opera la L.r. n. 30/2000 che all’art. 24 prevede espressamente che l’articolo 39 della L.r. n. 145/1980 (attinente il rimborso delle spese legali nei confronti dei dipendenti regionali che in conseguenza di fatti ed atti connessi all’espletamento del servizio e dei compiti di ufficio siano stati sottoposti a giudizio di responsabilità civile, penale o amministrativa) si debba interpretare nel senso dell’applicabilità della norma a “tutti i soggetti, ivi inclusi i pubblici amministratori, che in conseguenza di fatti ed atti connessi all’espletamento del servizio e dei compiti d’ufficio siano stati sottoposti a procedimenti di responsabilità civile, penale ed amministrativa”.
Il servizio “vigilanza e controllo EE.LL.” dell’allora Assessorato regionale Enti Locali (oggi Assessorato alle Autonomie Locali ed alla Funzione Pubblica), rispondendo ad una richiesta di parere del Comune di Ribera (in merito alla rimborsabilità delle spese di giudizio rispetto a tutti i componenti la Commissione Edilizia Comunale) ha abbracciato l’orientamento per il quale le spese di giudizio sono rimborsabili anche agli amministratori pubblici degli enti locali.
Sulla questione, il Tribunale di Barcellona P.G. – sezione staccata di Milazzo – con sentenza n. 83/2009, ha interpretato il combinato disposto degli artt. 39 della L.r. n. 145/1980 e 24 della L.r. n. 30/2000, come un’estensione anche agli amministratori comunali della rimborsabilità delle spese legali ed ha condannato il Comune di San Filippo del Mela a indennizzare un ex assessore comunale, degli oneri sostenuti, più gli interessi legali.
La Corte dei Conti, sezione controllo per la Regione Sicilia (Deliberazione n. 27/2014), interessata della questione, ha ritenuto la richiesta di parere oggettivamente inammissibile poiché la “questione della rimborsabilità agli amministratori delle spese legali risulta totalmente estranea alla nozione di contabilità pubblica, cui si riferisce l’art. 7, comma 8, della legge 131 del 2003”.

Luciano Catania

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