Agenzia delle Entrate: la vexata quaestio della lotta alla evasione fiscale

Un autorevole quotidiano nazionale pubblica una notizia con cui l’Agenzia delle Entrate informa che nell’anno 2016 il recupero del sommerso ammonta a ben 17mld. Il risultato è sicuramente apprezzabile ed a giusto titolo ne va fiera la dr.ssa Orlandi che fornisce all’uopo significativi dati di comparazione riferiti agli anni 2014(14,2mld) e 2015(14,9mld) ed indicativi di un trend in crescita.

Il direttore dell’Agenzia fiscale non ha però avuto neppure il tempo di gioirne appieno che già le viene ricordato che i 17mld recuperati nel 2016 ne comprendono quattro rivenienti dalla “voluntary disclosure” (praticamente una sanatoria!) con cui sono stati fatti rientrare dall’estero capitali illegali, e che resta comunque distante il tetto del sommerso stimato in oltre 108mld di cui ben 40mld si stima riguardino l’iva ritenuta la maggior fonte di evasione e con effetto di trascinamento di altri tributi quali le imposte sostitutive sui redditi di capitale, le plusvalenze, la cedolare secca e le imposte di registro e bollo.

La sig.ra Orlandi rivendica legittimamente il proprio lavoro e quello dei dipendenti nonostante lo shock prodotto dalla sentenza con cui la Corte Costituzionale ha azzerato parecchie centinaia di nomine dirigenziali ritenute non conformi alle norme che regolano l’accesso alla dirigenza pubblica.

E’ intervenuta pure la Corte dei Conti ed ha calato sulla massima Agenzia fiscale numeri che hanno il pregio della ufficialità e l’amarezza del contenuto. Scrivono i giudici contabili che l’anno 2015 è stato fallimentare con un esito inferiore del 4% rispetto al precedente anno e addirittura inferiore di oltre il 16% rispetto al 2012.

Vengono certificati per il 2015 incassi pari a 7,7mld rivenienti da accertamenti compiuti negli anni precedenti ed è rilevata la presenza di fenomeni patologici quali la flessione degli accertamenti, le imposte dichiarate ma non versate e gli accertamenti eseguiti in via automatica, con spiega che la flessione degli accertamenti tra le diverse tipologie di redditi avviene proprio nei confronti delle maggiori società, così determinando un aumento esponenziale delle imposte evase. La Corte dei Conti conclude dicendo che i risultati negativi sono da correlare alla notevole carenza di risorse umane, diminuite nell’ultimo quinquennio del 6,5%, e paralizzate dalle decisioni della Consulta.

Un attento sguardo d’insieme offre un orizzonte decisamente fosco. Ora, giuste o sbagliate che siano, le critiche che piovono sui vertici dell’Agenzia delle Entrate non sortiranno beatificazioni, né condanneranno al fuoco eterno, così come per i pesanti rilievi della Corte dei Conti nessuno finirà sul patibolo. E’ vero però che individuare una gamma di colpe, qualcuna improbabile, sembra essere un furbesco giochino utile soltanto a nascondere la vera causa del disagio gestionale della macchina fiscale e chi ne è il principale
responsabile.

In aritmetica un problema si risolve solo in base ai dati in esso contenuti,non già inventando soluzioni fantasiose. Tanto per dire che occorre prendere contezza che Politica e PA devono avere vite parallele, ma non comuni, per la sola ragione che tutto ciò che può essere fatto nelle stanze politiche non può farsi in quelle amministrative, se non devastandole. Allora l’antico “quid agam?” si risolve nel senso che va recuperato il controllo del territorio fiscale,e quel territorio può controllarlo solo chi lo vive e lo abita.

Vanno bene le linee-guida, ma i programmi di intervento non possono essere prefissati col criterio del”questo si, quell’altro no”In altri termini la responsabilità delle scelte deve ricadere in via esclusiva sull’operatore in loco il quale dovrà poi risponderne fino alle estreme conseguenze, se sbaglia, anche in buona fede,ma dovrà essere portato sugli scudi se opera bene.

Bando alle polemiche

Bando quindi alle polemiche sterili e alle critiche di maniera che lasciano il tempo che trovano. Si guardi solo alla forza dei numeri, quelli indicati dalla Corte dei Conti, di fronte ai quali anche Amleto rientrerebbe da ogni dubbio. Più semplicisticamente un vecchio adagio avverte che “Senza inchiostro la
penna non scrive! “

Pietro Paolo Boiano

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