Nonostante l’accoglimento parziale di alcune delle numerose rivendicazioni provenienti dalla società civile, l’Agcom non ha infatti risolto i vizi essenziali alla base della sua iniziativa regolamentare. Vale la pena di ribadire in tal senso che, stante la legislazione vigente, l’unico ambito di legittimo intervento da parte dell’Autorità per quanto concerne l’enforcement del diritto d’autore rimane quello esplicitamente attribuitole dal nuovo art. 32 bis, comma 3 del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, come inserito ai sensi dall’art. 6 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44 (cd. “decreto Romani”), inerente lo specifico e chiaramente delimitato settore dei media audiovisi, ed in riferimento, quanto all’ambito soggettivo, solo ed esclusivamente ai fornitori di servizi media audiovisivi.
Ora, il proposto procedimento a tutela del diritto d’autore, sia nella prima fase dinanzi ai fornitori di servizi (artt. 6 e 7 dello Schema di Regolamento) sia nella seconda fase dinanzi all’Autorità (artt 8-14) continua, invece, a travalicare ampiamente tali limiti oggettivi e soggettivi, con l’effetto di dare luogo a diversi profili di lesività delle prerogative del Parlamento e dell’Autorità giudiziaria e a sollevare ipotesi di conflitto con il vigente diritto comunitario.
L’analisi giuridica della delibera 398/2011/CONS potrebbe, dunque, per il momento tranquillamente chiudersi qui per poi riprendere eventualmente, in un momento successivo, all’esito del vaglio di legittimità da parte del TAR al quale con tutta probabilità sarà sottoposta, ove l’Agcom con un ravvedimento in zona cesarini non desista dal procedere alla sua approvazione dfinitiva.
Ma vi è un aspetto ancor più discutibile e preoccupante sul quale non si sono a mio avviso ancora soffermati a sufficienza i commentatori. Appare, infatti, evidente come la sfida che ci troviamo ad affrontare consista nel fare il modo che il diritto d’autore possa garantire, anche nella sfera digitale, il giusto equilibrio tra i diversi interessi, altrimenti da strumento di promozione della creatività e di nuovi contenuti esso diverrà un sistema di controllo e censura pervasivo e un ostacolo intollerabile all’accesso alla cultura e all’informazione.
A ben vedere era stata la stessa Autorità a porre nelle premesse del primo documento di consultazione le seguenti apprezzabili dichiarazioni di principio: “Sul tema del diritto d’autore online si è sviluppato negli ultimi anni un ampio dibattito, focalizzato principalmente sulle misure più efficaci per contrastare il fenomeno. Tale approccio, che è sempre stato guidato dalla esigenza di tutelare l’”autore” dinanzi al “consumatore”, ha portato all’adozione, in diversi Paesi, di misure di contrasto fondate essenzialmente su divieti e sanzioni. Gli effetti pratici di un siffatto tipo di reazione, tuttavia, sono quantomeno dubbi. Sarebbe infatti opportuno individuare un modello di regolazione che poggi sull’attribuzione del giusto valore anche ai diritti dei consumatori di accedere ai contenuti online, contestualmente però, va da sé, sostenendo gli autori e le associazioni rappresentative dei loro interessi e i soggetti che veicolano i contenuti sul web”.
Purtroppo, però, con un salto logico di cui è difficile comprendere i motivi fondanti, alle pur apprezzabili ed equilibrate dichiarazioni di principio poste nell’incipit del primo documento di consultazione non faceva seguito nel suo prosieguo alcuna proposta di azione concreta per quanto concerne la promozione del mercato legale e l’eliminazione delle barriere di natura contrattuale che ne rallentano lo sviluppo. Per questi aspetti l’Autorità si limitava, con estrema timidezza, a svolgere considerazioni di massima astenendosi dall’ipotizzare misure prescrittive nonostante le prerogative conferitele dalla sua stessa legge istitutiva, in tema di concorrenza e tutela dei consumatori nel mercato delle comunicazioni elettroniche, le consentirebbero ampio spazio di manovra.
E’ tuttavia con il nuovo documento in consultazione che l’Autorità porta purtroppo alle estreme conseguenze tale suo approccio contraddittorio. Ciò che salta immediatamente all’occhio anche al lettore meno esperto è infatti la totale mancanza di misure per lo sviluppo di un mercato legale efficiente e competitivo.
Per assurdo l’AGCOM ribadisce con convinzione anche nel corpo della Delibera 398/11/CONS – da pag. 18 a pag 28 – in materia di accesso ai contenuti premium, interoperabilità delle piattaforme e finestre di distribuzione, la necessità di eliminare vincoli contrattuali, tecnologici e strutturali al fine di liberare lo sviluppo del mercato digitale dei contenuti e, ciononostante, si riduce poi schizofrenicamente a dedicare alla “Promozione e sviluppo dell’offerta legale” tre stringati articoli del Capo II dello Schema di Regolamento nei quali si limita a rinviare tali tematiche, di riconosciuta fondamentale importanza, alla discussione nell’ambito dell’istituendo Tavolo tecnico.
Non solo, al paragrafo 1 dell’art. 4 dello Schema di Regolamento “Costituzione e compiti del Tavolo tecnico” si legge “il tavolo tecnico sul diritto d’autore ha il compito di agevolare il raggiungimento di accordi tra produttori, distributori, fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici, fornitori di servizi della società dell’informazione e di proporre soluzioni all’organo collegiale”. Accordi, quindi, che non vedrebbero tra le parti in causa i consumatori e le loro rappresentanze ! Se è vero che, poi alla lettera a) del paragrafo 1) si includono anche i rappresentanti dei consumatori tra i vari stakeholders che andranno a comporre il suddetto tavolo tecnico, a questi ultimi pare volersi rilegare un mero ed esiguo spazio di testimonianza, alla successiva lettera b) si legge, infatti, non senza stupore, che anche la SIAE, il Comitato Consultivo Permanente per il diritto d’autore e il Comitato tecnico contro la pirateria digitale e multimediale faranno parte del tavolo, con il risultato di diluire l’effettiva rappresentanza dei consumatori che, a differenza degli altri stakeholders i cui interessi sono rappresentati a vario titolo nei suddetti Enti, sono assolutamente pretermessi dal Comitato Consultivo Permanente per il diritto d’autore, dal Comitato tecnico contro la pirateria digitale e multimediale e, tanto più, dalla SIAE.
Ritornando per un momento al primo documento di consultazione, in esso scriveva acutamente la stessa Autorità: “qualunque politica o intervento di contrasto della pirateria non può prescindere dalla coeva promozione di misure finalizzate a favorire l’offerta legale di contenuti accessibili ai cittadini: politiche che guardino ad uno solo di questi due aspetti sono destinate a fallire, come dimostra l’inefficacia delle misure tecniche di contrasto alla pirateria”. E’, dunque, con ragionevole certezza che, sulla base di questa analisi condivisa, dobbiamo ribadire come l’emanando Schema di Regolamento, in assenza di una sua totale revisione, si rivelerà un ennesimo fallimentare intervento in questo settore.
L’enforcement del diritto d’autore e quello dei diritti degli utenti sono due lati della stessa medaglia e assicurare gli uni senza al contempo garantire gli altri rischia, peraltro, di andare a vantaggio delle piattaforme globali di distribuzione oltre che delle major dei right owners. Il diritto d’autore considerato solo lato enforcement abilita, infatti, la costituzione ed il mantenimento di rendite monopolistiche su scala globale ove contestualmente non si contemperino norme strutturalmente procompetitive che rinsaldino i diritti degli utenti nel mercato digitale.
Un mercato nel quale ai consumatori è attualmente pretermesso esercitare digitalmente azioni comunissime e legitttime nel mondo analogico, senza violare le norme a tutela del diritto d’autore, non può essere un mercato efficiente. Risulta, pertanto, pericolosamente miope e sbilanciato intervenire in tema di diritto d’autore solo a vantaggio dell’offerta, la quale potrà così continuare a beneficiare del quadro regolamentare sul diritto d’autore per costruire e mantenere quegli effetti rete e lock-in che giovano solo ed esclusivamente alle major dei detentori dei diritti e alle grandi piattaforme di distribuzione digitale, già ampiamente dominanti nei rispettivi settori e di certo non in mano ad imprese nazionali.
Ove non venga fatta al più presto una precisa scelta a favore di un mercato efficiente e competitivo, provvedendo, invece, al solo rafforzamento del framework di tutela di solo alcuni diritti, i piccoli titolari dei diritti nazionali verranno schiacciati a brevissimo dalla superiorità strategica, economica e tecnologica delle piattaforme globali di distribuzione e delle major dei right owners.
Assicurare i diritti agli utenti nel mercato digitale, in ultima analisi, servirebbe anche a garantire un adeguato coefficiente di competitività alle imprese nazionali operanti in questo settore o che vogliano entravi, non farlo significa al contrario non solo deprimere le legittime aspettative dei consumatori ma anche operare contro gli interessi nazionali. In questo momento di crisi economica una scelta del genere non sembra assolutamente in linea con l’interesse nazionale e la necessità di crescita e sviluppo delle nostre imprese.
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