La premessa è la solita.
Questa è una sentenza che fa stato solo tra quelle parti e va contestualizzata in un ambito ben preciso e limitato in cui il thema decidendum è dato non dalla questione se sia possibile l’affido esclusivo ad una madre omosessuale ma se è corretto negare l’affido condiviso ad un padre violento. Il “colore” di alcune mere circostanze di fatto (la religione musulmana del padre, l’omosessualità della madre) hanno reso a tinte fosche un quadro che in realtà evidenzia tutt’altro, scatenando una bagarre mediatica che ha completamento travolto il senso di questa decisione. Ed è la stessa Presidente delle Prima sezione civile della Corte di Cassazione , Maria Gabriella Luccioli, a precisare che “non è mai stata in ballo l’adozione per le coppie gay” pur sottolineando in sentenza che si tratta di “un mero pregiudizio” il ritenere che “sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale”.
E, infatti, la sentenza in oggetto ha chiaramente indicato i motivi per i quali è stato ritenuto legittimo il giudicato della Corte di Appello che aveva già rigettato il ricorso del padre contro il provvedimento di affido esclusivo disposto in favore della madre: l’aggressione della convivente della madre (ex educatrice nella casa famiglia in cui la madre ed il bimbo erano stati accolti dopo l’allontanamento dalla casa coniugale) e l’aver disertato le visite al figlio pur disposte in ambiente protetto. La reazione violenta e scomposta di un uomo di fronte ad una situazione per lui vissuta come la causa del fallimento del suo matrimonio mentre, in realtà, ne era solo l’effetto. In questo contesto, il Tribunale ha solo valutato quale fosse la migliore situazione di affido per un bimbo che già era stato involontario testimone di atti di violenza così come il dato dell’omosessualità materna è restato sullo sfondo, nella sua ininfluenza obiettiva, ed avendo ingresso solo nelle motivazioni di un ricorso dichiarato inammissibile in ogni sua parte. Nessuna prova o indagine ha dimostrato il nesso tra tale circostanza e le possibile “ripercussioni negative” per la crescita del bimbo dell’ ”ambiente familiare” in cui lo stesso viveva presso e con la madre. Un motivo dichiarato “generico ed inconcludente” anche dalla Corte di Appello perché alla base di esso “non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pregiudizio che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale”. Ed ecco il punto: “In tal modo si dà per scontato ciò che è invece da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino”, circostanza rimasta generica e semplice argomentazione. Nessuna rilevanza quindi ai fini dell’individuazione di una coppia gay come modello genitoriale “alternativo” a quello padre-madre.
In questa vicenda è mancata ogni puntuale specificazione delle reali ripercussioni in senso negativo di tale circostanza da parte del padre ricorrente che ha reso inammissibile ogni motivo di doglianza, lasciando correttamente prevalere il giudizio sul comportamento violento ed effettivo del padre, certamente ostativo ad un affido di tipo condiviso. Decisione che sarebbe stata la stessa anche per un padre di diversa religione… Resta quindi aperta e non per niente acquisita la questione sul se e come l’omosessualità di un genitore possa o no influire negativamente sulla serena crescita di un bambino. Dovremo aspettare altre sentenze in merito…dato che questa, per le ragioni esposte, non è il “la breccia” che molti hanno da più parti voluto vedere nel muro dei riconoscimento dei diritti in favore delle coppie omosessuali in tema di diritto di famiglia.
Ed è davvero singolare che mentre in Italia ci si arrovella su questi temi, proprio nello stesso giorno del deposito di questa sentenza, nasce in nel Regno Unito il secondo figlio di Sir Elton John e di suo marito.
Ma questa è un’altra storia…
Il testo integrale della sentenza della Cassazione n. 601/2013
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