Adozione da parte dei single, conta solo l’interesse del minore

Marina Gennaro 25/02/11
A volte si ha la sensazione che le cose stiano cambiando, che la società si stia evolvendo e stia tentando di liberarsi di alcuni dei pesanti condizionamenti che, in passato, hanno influito su scelte di carattere etico-sociale.

Oggi, leggendo la recente sentenza della Cassazione in materia di adozione da parte dei single, ho avuto la sensazione che le cose possano davvero cambiare.

E’ di pochi giorni fa, infatti, la sentenza (n. 3572/11) con cui la Cassazione ha, tra le righe, auspicato una nuova regolamentazione della materia dell’adozione da parte di soggetti non coniugati, invitando il legislatore ad ampliare l’ambito di possibilità di adozione di un minore da parte di persone singole con effetti legittimanti, laddove tuttavia ne ricorrano particolari circostanze.

Il caso su cui si è pronunciata la Cassazione riguarda il reclamo proposto da una donna di Genova, mamma single di una bambina russa di 12 anni, la cui adozione era stata definita sulla base della legislazione degli Stati Uniti d’America (ove la signora viveva) e di accordi bilaterali con la Federazione Russa e che, in Italia, era stata dichiarata efficace ai sensi dell’art. 44, lettera d) della legge 184/83, ovvero come “adozione in casi particolari” che, tuttavia, non produce effetti legittimanti.

La mamma adottiva pertanto adiva la Suprema Corte per ottenere – anche in Italia, come già successo negli Stati Uniti e nella Federazione Russa – l’adozione pienamente legittimante della propria bambina.

E’ necessario fare una premessa per meglio capire i termini della vicenda.

In Italia l’adozione di minori in “stato di adottabilità” (dichiarato dal Tribunale per i Minorenni laddove venga accertato lo stato di abbandono morale e materiale) è consentita solo alle coppie sposate (almeno da tre anni) e produce effetti legittimanti.

L’adozione da parte di persone non coniugate tuttavia non è stata esclusa in toto dal nostro ordinamento: il legislatore l’ha, infatti, disciplinata nel citato articolo 44 (“adozione in casi particolari”), laddove è previsto che i minori possano essere adottati – anche quando non ricorra la suddetta condizione dello “stato di adottabilità” prevista dall’art. 7 comma 1 – nelle tre ipotesi elencate alle lettere a), c) e d). Si tratta dei casi in cui il minore è orfano di padre e madre ed è unito all’adottante da un vincolo di parentela fino al sesto grado, è orfano ed affetto da handicap, ed infine quando non è stato possibile procedere al suo affidamento preadottivo.

In questi casi, però l’adozione non produce effetti legittimanti e per questo motivo taluno parla, impropriamente, di “adozione mite”. L’impossibilità di divenire figlio legittimo – con tutte le conseguenze che ne discendono – ha sollevato le critiche di quanti sottolineano che, in tal modo, questi bambini vengono sfavoriti dalla legge italiana che, innegabilmente, li discrimina e tutela meno rispetto ai bambini che vengono adottati da una coppia.

Con la sentenza n. 3572/11 la Corte di Cassazione ha rigettato il reclamo proposto dalla donna genovese, ma nella parte motiva ha affermato che, con riferimento a quanto disposto dall’art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 1967, “il legislatore nazionale ben potrebbe provvedere, nel concorso di particolari circostanze, ad un ampliamento dell’ambito di ammissibilità dell’adozione di minore da parte di una singola persona anche con gli effetti dell’adozione legittimante”.

Il citato art. 6 della Convenzione di Strasburgo sancisce che un minore può essere adottato da due persone unite in matrimonio o anche da un solo adottante. Tuttavia, la stessa Corte chiarisce che si tratta di una norma “non autoapplicativa”, che non vincola quindi il legislatore italiano a consentire le adozioni da parte di soggetti singoli, ma semplicemente gliene attribuisce la facoltà. Il legislatore italiano si è, appunto, avvalso di tale facoltà disciplinando in termini molto restrittivi, questo tipo di adozione con l’art. 44 l. 184/83.

Sarebbe, pertanto, necessaria una legge per poter conferire efficacia legittimante all’adozione da parte di persona non coniugata, e da qui il “rinvio” della Cassazione al legislatore nazionale.

Le reazioni al velato auspicio espresso dalla Cassazione non si sono fatte attendere: aspre critiche sono state espresse dal mondo cattolico, che bolla la sentenza della Cassazione come una “uscita maldestra” ed esclude la possibilità di una futura equiparazione degli effetti dell’adozione dei single a quelli prodotti dall’adozione ordinaria, in quanto la prima sarebbe contraria ai principi contenuti nella nostra Costituzione, nei trattati internazionali e nella legge 184/83, dove si fa riferimento all’interesse preminente del minore ed al suo diritto ad una famiglia che, per l’articolo 29 della Costituzione, è quella “fondata sul matrimonio”.

Analoghe critiche provengono dall’Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani secondo cui l’adozione legittimante di un bambino da parte di un single sarebbe incostituzionale in quanto in contrasto con gli articoli 29 e 30 della Costituzione.

Ora, non v’è dubbio che – in via teorica – l’adozione da parte di una coppia rappresenti per un bambino la strada migliore per il raggiungimento del suo preminente interesse. Tuttavia, lungi dal voler esprimere giudizi e valutazioni di natura etica o religiosa, va detto che non sono pochi i casi pratici in cui l’impossibilità di produrre effetti legittimanti finisce per arrecare un danno al minore stesso, anziché tutelarlo.

Molti sono, infatti, i bambini che – seppur dichiarati in stato di adottabilità – non riescono poi a trovare una coppia sposata che li accolga, magari perché hanno un handicap o semplicemente perché sono già adolescenti: questi bambini, già deprivati dall’esperienza di vita vissuta, sono proprio quelli che – con un po’ di fortuna – potrebbero essere adottati anche da un single ai sensi dell’art. 44 della legge sull’adozione. Allo stato, una simile adozione “in casi particolari” comporta, per volontà del legislatore italiano, un ulteriore torto al minore, non consentendogli, tanto per fare un esempio, di ereditare alcunché dai parenti del genitore (single) adottante.

Se l’obiettivo da perseguire – non solo a parole ma concretamente – è quello del supremo interesse del minore, allora credo che il legislatore dovrebbe valutare davvero la possibilità di conferire efficacia legittimante all’adozione di minori da parte di single, sia pure solo quando ricorrano le particolari e ben individuate circostanze già previste dalla normativa attualmente in vigore, in modo che vengano comunque rispettate le norme costituzionali ed i principi che hanno ispirato i trattati internazionali vigenti.

Marina Gennaro

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