La vicenda, sulla quale i Giudici di Piazza Cavour hanno portato all’attenzione i summenzionati concetti ai fini della soluzione, riguardava una coppia benestante: lei primario dell’ente ospedaliero presso cui lavora e proprietaria dell’immobile in cui abita, lui, oltre al reddito lavorativo, proprietario di numerosi immobili di elevatissimo valore.
Il Giudice di prime cure, chiamato a pronunciare sentenza di divorzio, disponeva, a carico del marito, l’obbligo di versare alla moglie un assegno di mantenimento di importo pari ad € 1.200,00. Il marito non accettava la sentenza e ricorreva in Appello. In tale sede veniva confermato l’obbligo di corrispondere alla moglie l’assegno divorzile dell’importo già stabilito dal Giudice di prime cure.
Entrambe le sentenze di merito si basavano sulla comparazione della condizione economica e patrimoniale dei due coniugi; nello specifico tenendo conto del patrimonio immobiliare del marito costituito da risorse economiche più importanti (proprietario di immobili di elevatissimo valore) rispetto a quelle della moglie.
La vicenda giungeva, così, in Cassazione. Il marito, difatti, denunciava le decisioni prese in primo e in secondo grado, adducendo che esse erano state pronunciate tralasciando due circostanze di notevole rilievo:
– la durata breve del matrimonio;
– la circostanza che, in costanza di matrimonio,la coppia non ha mai coabitato.
La mancanza di coabitazione non aveva, dunque, creato tra la coppia un regime di vita comune: i coniugi, infatti, avevano continuato a vivere nelle rispettive residenze e, conseguentemente, ognuno aveva seguitato a mantenere il proprio stile di vita (ante matrimonio).
La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul caso de quo, ha specificato che,ai fini di valutare la sussistenza del diritto a percepire l’assegno divorzile, occorre distinguere tra i concetti di“stile di vita” e“tenore di vita”.
Che cosa è lo “stile di vita”? Che cosa è il “ tenore di vita”?
Si tratta di due concetti distinti.
Lo “stile di vita” è una scelta; ciò sta a significare che anche in presenza di elevate capacità economiche può essere “understatement”, ovvero sottotono o modesto. Tale scelta non annulla, però, la possibilità di una condizione economica molto agiata quale era senza dubbio quella della coppia di coniugi.
Il “tenore di vita”, invece, è determinato sulla base della disponibilità dei mezzi economici.
Sulla base di tale distinzione la Corte ha confermato la decisione di merito con la quale l’assegno era stato conteggiato in € 1.200,00 in riferimento all’entità del patrimonio immobiliare, considerato un indice della disponibilità di risorse economiche rilevanti, e in comparazione alla situazione economica e patrimoniale dei due coniugi.
Così, difatti, si sono espressi i Giudici con la toga d’ermellino: “Al fine dell’accertamento del diritto all’assegno divorzile, non bisogna confondere lo stile con il tenore di vita. Anche in presenza di rilevanti potenzialità economiche un regime familiare può essere infatti improntato o a uno stile di ‘understatement’ o di rigore, ma questa costituisce una scelta che non può annullare le potenzialità di una condizione economica molto agiata”. E, ancora,“Vi è poi da considerare la rilevanza della aspettative, che una convivenza con un coniuge possessore di un rilevante patrimonio immobiliare legittimamente determina nell’altro coniuge anche se tale aspettativa può non materializzarsi in un vistoso cambiamento di stile di vita quantomeno in un determinato periodo della convivenza. Aspettative che incidono nella configurazione di un tenore di vita proprio del matrimonio”.
I Giudici hanno, dunque, condiviso la decisione di merito. Decisione che è stata pronunciata tenendo conto sia della breve durata del matrimonio, ai fini della determinazione dell’assegno, sia del notevole e indiscutibile dislivello economico delle due parti. Difatti, è stato precisato che tale dislivello economico avrebbe giustificato un importo più rilevante dell’assegno divorzile se il matrimonio avesse avuto una durata maggiore.
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