Ora, il gup Carlo De Marchi ha riconosciuto le buone ragioni del titolare d’azienda, il quale, di fronte alla richiesta di un versamento Iva certamente ingente, aveva allargato le braccia di fronte all’Agenzia delle Entrate, spiegando la difficile situazione della sua compagnia di informatica.
Insomma, la tesi degli avvocati dell’imprenditorie è stata accolta poiché si sorreggeva sull’assunto che il diretto interessato non avesse dimostrato la volontà di omettere il pagamento, ma vi fosse stato costretto per via della crisi economica. Secondo la sentenza, la difesa ha provato “documentalmente che l’imprenditore non aveva versato all’erario l’imposta a causa della crisi della sua azienda informatica e di quella finanziaria del Paese, avvertendo doverosamente l’agenzia delle entrate dell’importo dovuto”.
Si conclude così un procedimento avviato dalla procura milanese a seguito della certificazione del mancato pagamento dell’Iva, con possibilità, per l’imprenditore, di incorrere in una condanna da sei mesi a due anni. Una volta prescelta la modalità del rito abbreviato, in un primo momento, addirittura, l’imprenditore era stato condannato alla reclusione, poi trasformata in 40mila euro di sanzione pecuniaria, infine spariti per effetto dello storico proscioglimento decretato dal gup.
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