Niente di tutto ciò, ma le novità ci saranno comunque nelle prossime settimane. Le strade davanti al governo, che aveva detto di voler intervenire dopo l’incremento dell’Iva, erano essenzialmente due: o introdurre una nuova aliquota intermedia tra quelle più basse, o, in alternativa, ridefinire la disposizione dei beni di consumo nella suddivisione delle varie percentuali Iva applicata all’oggetto o al servizio venduto.
Naturalmente, fermo restando l’intento del governo di non cancellare l’aumento al 22% tramite un apposito decreto. Dunque, abbandonata la via della quarta aliquota, Letta e i suoi ministri hanno preferito la redistribuzione dei beni tra i vari panieri, in modo da rendere più agevole gli acquisti di alcuni beni magari non di primissima necessità, ma sicuramente ai limiti dell’indispensabile per chi decide di farne uso.
Cosa scende. A passare dall’aliquota del 22% a quella del 10%, saranno ad esempio i contraccettivi, una novità che renderà sicuramente più gradite – e meno care – le ore di passione a molte coppie. Ma restano uno dei pochissimi esempi.
Cosa cresce. Secondo il primo testo circolato dal governo, a fare il proprio ingresso tra i beni o le prestazioni soggette a regime di Iva, sono i servizi funebri, fino a ieri esentati e, oggi, sottoposti all’aliquota del 10%. Stessa sorte per i quotidiani e il materiale tipografico che i politici stampino in campagna elettorale, che passano dal 4% addirittura al 22%. Sempre alla fascia di Iva massima passano poi gil allacciamenti alle reti di riscaldamento e i francobolli per collezionisti
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