Questo ripristino della mediazione è imputabile ad una espressa richiesta dell’Ue che, a fronte del profondo stato di crisi della giustizia civile, punta a ripristinare un percorso virtuoso al fine di riequilibrare il rapporto tra domanda e offerta di giustizia, ridimensionando il livello di litigiosità e riattivando meccanismi di pacificazione sociale capaci di deflazionare il carico degli uffici giudiziari italiani.
La nuova mediazione è il frutto di una sintesi complessa, con soluzioni al limite della contraddittorietà. Il testo di riferimento, approvato dal Governo, è infatti transitato dapprima in commissione Giustizia alla Camera, dove ha ricevuto un parere favorevole con molte condizioni, e poi nella sessione congiunta delle commissioni Affari costituzionali e Bilancio che, in sede referente, hanno votato una lunga serie di proposte emendative sulle quali poi il Governo ha deciso di porre la fiducia.
Ritorna così la mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, ma in una versione sperimentale e, quindi, temporanea (per quattro anni).
Il compito dell’avvocato diventa preponderante nella procedura. Intanto, agli avvocati è riconosciuto lo status di mediatori di diritto. Le parti, poi, dovranno essere necessariamente assistite da un legale durante tutta la procedura e qualora ci fosse un accordo conciliativo tra le parti, l’avvocato potrà certificare la conformità dell’accordo stesso alle norme imperative e all’ordine pubblico, attribuendogli così efficacia esecutiva per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
Il procedimento non potrà durare oltre i tre mesi e già nel primo incontro, nel caso venisse dichiarata l’indisponibilità delle parti a proseguire la mediazione, il tentativo svolto sarà considerato compiuto per poter procedere giudizialmente; in tal caso le parti non dovranno versare alcun compenso all’organismo di mediazione.
Viene introdotta la competenza territoriale per gli organismi di mediazione; così la domanda di mediazione dovrà essere presentata depositando un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia (una norma analoga è stata inserita in materia di liti condominiali con la riforma del condominio in vigore dal 18 giugno 2013).
Dal catalogo delle controversie assoggettate alla mediazione obbligatoria il Dl del fare, rispetto alla prima versione della mediazione, elimina quelle riguardanti la “responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti”. Inoltre, viene inserita una modifica di valenza chiarificatrice e interpretativa precisando che rientrano nell’obbligo non solo le liti derivanti da responsabilità “medica” ma anche “sanitaria”.
Il Dl del fare risolve poi anche un problema presente nel Codice Civile sorto in sede di prima applicazione della mediazione obbligatoria in materia di. Viene inserita una disposizione specifica(al n. 12-bis dell’articolo 2643, comma 1, del Codice civile) che permette la trascrivibilità dell’accordo che attesta l’usucapione con la sottoscrizione autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato (questa norma è già in vigore dal 21 agosto scorso).
Non ha suscitato molto interesse invece una modifica che potrebbe risultare particolarmente importante e utile nel nuovo sistema normativo. Il Dl del fare attribuisce infatti al giudice il potere di prescrivere la mediazione alle parti nel corso del processo (in passato il giudice poteva solo invitarle a svolgere un tentativo stragiudiziale di mediazione). Si pone così una nuova condizione di procedibilità (sopravvenuta) per ordine del giudice che potrà operare anche nel giudizio di appello.
Si tratta di una norma che rimette al giudice –analizzata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti – l’effettività di tale canale di accesso alla mediazione (che opera non quale filtro preventivo alle liti, ma successivo e non per questo meno utile ed efficace) e può operare in ogni lite purché abbia a oggetto diritti disponibili.
Dunque sono due i binari dell’obbligatorietà: il primo prevede l’obbligo per legge, è obbligatoriamente ristretto solo ad alcune materie ed è circoscritto nel tempo per una fase di sperimentazione; l’altro si affida alla valutazione discrezionale del giudice e, per questo, non è vincolato nei contenuti né nei tempi della sperimentazione, ma viene inserito strutturalmente nei poteri istruttori del giudice.
Rimane poi, la possibilità delle parti di vincolarsi alla mediazione tramite forme di patto che precedono l’insorgenza della lite (ad esempio, inserendo clausole di mediazione nei contratti nelle materie non previste dalla legge come obbligatorie) o di avviare procedimenti di mediazione volontariamente, senza, cioè, che vi sia un obbligo legale né contrattuale. In queste circostanze la mediazione seguirà anche regole diverse sulla base dei regolamenti di procedura degli organismi di mediazione.
Nasce così un nuovo modello di mediazione la cui disciplina primaria richiede una serie di interventi attuativi e interpretativi da parte del ministero della Giustizia. La nuova disciplina della mediazione, dunque, diventa una fondamentale tappa di un percorso evolutivo dei sistemi di alternative dispute resolution (Adr) in Italia e in Europa, che nei prossimi anni farà segnare rilevanti innovazioni. Lungo questo itinerario si segnala la direttiva 11/2013 in materia di Adr per i consumatori, che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 9 luglio 2015.
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