In Italia c’è un dibattito che non invecchia mai, che ritorna in ogni stagione seppure con accenti sempre nuovi: esistono dei limiti oltre i quali la Chiesa nei suoi interventi non può andare, pena un’invasione nella sfera di competenza del potere temporale? E’ un interrogativo che si presta a ricevere le risposte più diverse a seconda del pensiero, della visione politica e della fede di ciascuno. Una soluzione equilibrata, scevra da ideologismi, è possibile rinvenirla nel messaggio e nella testimonianza di vita di Papa Luciani, di cui quest’anno ricorre il trentacinquesimo anniversario dell’elezione e dell’improvvisa morte dopo soli trentatrè giorni di pontificato (1978-2013).
Nell’incontro con il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede il 31 agosto 1978, il Papa del sorriso chiarisce con estrema lucidità l’essere e il dover essere dei confini d’azione della Chiesa, di una Chiesa che non è mai potere ma sempre e solo servizio. Una volta premesso che “non ha alcun bene temporale da scambiare, alcun interesse economico da discutere, come ne hanno gli Stati”, essa non si pone in una posizione di disinteresse nei confronti dei problemi delle comunità statali, ma viceversa collabora, partecipa, “se coinvolta e senza confusione di competenze”, per “la ricerca delle migliori soluzioni” dei grandi problemi che mettono in pericolo la centralità e la dignità dell’uomo. Una forma di “soccorso e aiuto” la definisce Luciani sulla quale gli Stati possono contare senza esitazioni, laddove sono in gioco e a rischio i destini dell’essere umano. La Chiesa, quindi, deve svolgere una funzione di ausilio, di consiglio verso il potere temporale in vista del perseguimento dell’interesse comune, senza mai avere la pretesa di sostituirsi a esso in quanto, lo evidenzia bene Giovanni Paolo I nella parte conclusiva del suo intervento, l’azione a servizio della comunità internazionale si colloca su un piano “specificatamente pastorale”. Un piano che, formando le coscienze dei cristiani, arricchisce anche il dibattito all’interno dell’opinione pubblica “circa i principi fondamentali che garantiscono una vera civiltà e una reale fraternità tra i popoli”. Deve trattarsi, però, di modo di discutere funzionale a “trasformare i rapporti umani, il tessuto sociale e le istituzioni” nella logica dell’amore evangelico, che è poi è quella del dono e del servizio. Solo in questo modo, pare lasci intendere Luciani tra le righe, si può davvero superare l’errata contrapposizione tra laici e credenti per formare uomini liberi intellettualmente, capaci di farsi provocare dal volto del prossimo.
Articolo scritto in collaborazione con Michelangelo De Donà
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