Il termine di scadenza della a sanatoria è arrivato il 15 ottobre. Quest’ultima, così come prevista dal dlgs n. 109/2012, si rivolgeva ai datori di lavoro che alla data del 9 agosto 2012 occupavano irregolarmente, da almeno tre mesi, lavoratori stranieri presenti in Italia dal 31 dicembre 2011, dietro preliminare pagamento di un contributo una tantum di 1.000 euro in aggiunta ai costi contributivi correlati al rapporto lavorativo sanato per un minimo di sei mesi. Il Decreto Lavoro (dl n. 76/2013), al comma 10 dell’articolo 9, ha previsto l’introduzione di alcune modifiche al predetto dlgs n. 109/2012, giungendo in sostanza a regolamentare l’ipotesi di chiusura in negativo della sanatoria per cause imputabili al solo datore di lavoro.
A seguito delle modifiche è stato annunciato, al posto dell’archiviazione della pratica, il diritto a favore del lavoratore di ottenere un permesso di soggiorno per attesa occupazione. E’ la stessa circolare che infatti spiega che, nei casi di rigetto della sanatoria per cause imputabili univocamente al datore di lavoro (e cioè tutte le ipotesi che hanno causato parere negativo da parte della questura o della direzione territoriale del lavoro), la notifica di rigetto trasmessa al lavoratore viene automaticamente integrata della convocazione presso lo sportello unico, ai fini del rilascio del permesso per attesa occupazione. In questa situazione, inoltre, si prevede l’archiviazione anche degli eventuali procedimenti penali e amministrativi a carico del lavoratore, mentre quelli eventualmente a carico del datore di lavoro (e dunque sospesi nelle more della definizione della sanatoria) hanno modo di recuperare il rispettivo naturale decorso.
Ai fini del rilascio del permesso, si apprende sempre dalla circolare, rimane inalterata la sussistenza necessaria di due requisiti: il pagamento dei 1.000 euro, da un lato, e la presenza in Italia del lavoratore al 31 dicembre 2011, dall’altro. L’idoneità alloggiativa, invece, non costituisce più un requisito per la sanatoria: la rispettiva assenza infatti, come anticipato, non può essere considerata ostativa alla regolarizzazione dal momento che, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 5-bis del T.u. immigrati (approvato dal dlgs n. 286/1998) e degli articoli 8-bis e 35, comma 1, del dpr n. 394/1999, viene a configurare un requisito unicamente per il contratto di soggiorno, di cui peraltro non si esige la sussistenza ma la semplice “richiesta di certificazione dell’idoneità alloggiativa”. Nell’ambito della procedura di emersione l’idoneità alloggiativa, quindi, secondo i ministeri va, sì, richiesta ma non può essere considerata da sola una motivazione valida per un rigetto. In relazione alla sanatoria badanti, infine, la circolare illustra come la certificazione medica attestante la necessità di assistenza vada ritenuta valida sia quando vige un provvedimento di riconoscimento dell’invalidità civile, sia nel caso in cui ci sia l’attestazione rilasciata dal medico di famiglia iscritto al servizio sanitario nazionale.
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