Sono infatti numerose le fattispecie penali che possono lecitamente avvistarsi all’interno del mini-universo del condominio, accorpando l’intero compendio degli illeciti contro la persona, contro la sua libertà morale, la sua riservatezza e talvolta contro la sua incolumità. La sentenza pronunciata dalle Sezioni Unite, nello specifico, riguarda una congettura assidua ed usuale per chi abita il microcosmo condominiale, e cioè quella del vicino ‘scapestrato’ che con la propria auto finisce con il bloccare il libero transito condominiale spesso anche in presenza di evidenti divieti e passi carrabili. La norma richiamata, attenendo alla ripetuta ostruzione dell’ingresso all’altrui garage, richiama esplicitamente l’art. 610 c.p. che appunto salvaguarda la libertà morale, sostenendo che “chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni”. Il senso interpretativo della norma è chiaramente orientato a proteggere la libertà morale del soggetto che, nell’ambito della rispettiva proprietà privata, ha pieno diritto di espressione e godimento e pertanto non può essere in alcun modo limitato dal comportamento di altri.
La Suprema Corte a Sezione Unite, dunque, non ha fatto altro che confermare un indirizzo già ampiamente consolidato dalle precedenti sentenze n. 21779/06 e n.603/11, tramite le quali si affermava che “integra il reato di violenza privata, di cui all’art.610 c.p., la condotta di colui che, avendo parcheggiato l’auto in maniera da ostruire l’ingresso al garage condominiale, si rifiuti di rimuoverla nonostante la richiesta della persona offesa”. Nel pronunciamento in questione, la Suprema Corte, rinsaldando in toto la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro con cui si rovesciava l’assoluzione concessa all’imputato dal Tribunale di Lamezia Terme, considerando il caso di un trattore di modeste dimensioni che l’imputato era solito posteggiare in un’area opposta a quella in cui esisteva un passo carrabile ma che, date le ingombranti misure, finiva con l’ostruire l’utilizzo del garage altrui, ha deciso di andare oltre il principio precedentemente ribadito. La sentenza si basa sull’oggettivizzazione del requisito della “violenza”, un elemento che, in alternativa alla “minaccia”, risulta indispensabile alla configurazione del reato, in quanto nella “ condotta di colui che parcheggia la propria autovettura in modo tale da bloccare il passaggio impedendo alla parte lesa di muoversi (…) il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione ed azione”.
Considerata la gravità del reato, è importante accertare che non si tratti di un fatto episodico e che la persona offesa abbia già provveduto a segnalare l’abuso, oltre alla presa di coscienza da parte del condomino ‘trasgressore’ dell’antigiuridicità della propria condotta. Altrettanto rilevante è segnalare come il reato sia procedibile d’ufficio, di conseguenza il “condomino maleducato”, una volta denunciato, anche in caso di rimessa della querela, dovrà comunque essere tenuto a sottoporsi a processo. Un aspetto, questo, che rende particolarmente difficoltosa la pacifica risoluzione delle diatribe condominiali in tema di parcheggio. A titolo conclusivo, questa sentenza della Cassazione, sembra offrire un chiaro esempio di come il Diritto Penale non sia unicamente circoscritto entro i limiti della violenza grave e conclamata, ma giunga a ricomprendere anche comportamenti che sono il segno di ‘meri’ gesti d’inciviltà, spesso svogliatamente tollarati.
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