“Rispettiamo le osservazioni della Corte e ci regoleremo di conseguenza” ha dichiarato l’ex presidente dell’Anci, che ha poi aggiunto “adegueremo il metodo secondo le indicazioni importanti della Corte. La riforma del sistema deve proseguire”. Dello stesso tipo la reazione del titolare delle riforme, Gaetano Quagliariello, che ha detto che la pronuncia della della Corte costituzionale “rende ancora più importante intervenire attraverso le riforme costituzionali sull’intero Titolo V, in particolare per semplificare e razionalizzare l’assetto degli enti territoriali”.
Per il ministro del Pdl “è il tempo di rendersi conto che mancate riforme e scorciatoie hanno un costo anche economico che in un momento di così grave crisi il Paese non può più sopportare”. Il Governo, come misure da mettere in atto, potrebbe affidarsi, da una parte, a un provvedimento ordinario di natura ordinamentale (quindi un disegno di legge) che riproponga il riordino voluto a suo tempo dal cosiddetto Governo Tecnico, però con qualche correzione e miglioramento rispetto alla versione di allora.
Dall’altro si pensa ad un Ddl costituzionale che riformi l’intero Titolo V, se possibile scorporandolo dal resto delle riforme costituzionali in agenda. Ad ogni modo trovare la quadratura del cerchio, soprattutto su questa ultima parte, non sembra una cosa poi così semplice. Nella riunione dei 40 saggi di tre giorni fa sono emerse almeno tre correnti di pensiero diverse; destinare alle Regioni il compito di riorganizzare i propri enti di mezzo mediante un referendum popolare; sopprimere completamente le Province dagli articoli 114 e seguenti della Carta, e in ultimo decostituzionalizzare le amministrazioni di area vasta che verrebbero riorganizzati su base regionale in base ai principi stabiliti dallo Stato.
Intanto mentre attendono di andare a vedere le carte in mano al Governo, le Province non nascondono la loro soddisfazione per la decisione della Consulta di ieri. Per il presidente dell’Upi, Antonio Saitta, lo stop deciso dalla Consulta significa che ” nessuna motivazione economica era giustificata e quindi la decretazione d’urgenza non poteva essere la strada legittima“. Inoltre ha poi sottolineato che ” per riformare il Paese si deve agire con il pieno concerto di tutte le istituzioni, rispettando il dettato costituzionale. Non si può pensare di utilizzare motivazioni economiche, del tutto inconsistenti, per mettere mani su pezzi del sistema istituzionale del Paese”.
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