Ora, resta da vedere se e in che misura questa maggiore libertà del nostro Paese di intervenire sulle politiche economiche si tradurrà in piano di intervento rivolti anche al welfare e in particolare al comparto pensionistico.
Ufficialmente, il governo Letta è in stallo sul fronte previdenziale, ma in realtà qualcosa si muove sia in Parlamento che nel Consiglio dei Ministri. La posizione dell’esecutivo è stata ribadita alcuni giorni fa all’unisono dai ministri dell Lavoro e dell’Economia, Enrico Giovannini e Fabrizio Saccomanni, che hanno negato ogni possibilità di ritocco pesante alla legge Fornero.
In realtà, però, il governo sa che il prossimo settore su cui dovrà necessariamente mettere le mani sarà proprio quello del welfare, finora lasciato in secondo piano, prima a causa dell’Imu e del decreto sullo sblocco dei pagamenti della pubblica amministrazione verso le imprese e, poi, per il piano lavoro dei giovani. Proprio in virtù di quest’ultimo, il Consiglio europeo ha deliberato l’erogazione di sei miliardi da spendere in politiche di inclusione lavorativa per gli under 30 a partire dal prossimo gennaio.
Come noto, però, il governo considera la questione lavoro ai giovani e uscita pensionistiche strettamente correlate. Non stupisce, infatti, se spesso i membri del governo si sono affidati al principio del turnover per introdurre le nuove misure, inserendo, tra l’altro, anche un benefit per gli over 50 che si ritrovino disoccupati da oltre un anno. Tutto ciò, parrebbe, per incentivare il completamento del percorso lavorativo, evitare nuove frotte di esodati e riequilibrare la media anagrafica nel mondo del lavoro.
Così, con l’allentamento della vigilanza comunitaria, qualche laccio potrebbe essere saltato, anche se i ministri invitano a smorzare gli entusiasmi. Quel che è certo, è che sul tavolo della Commissione Lavoro alla Camera è presente la proposta Legge c.857 che reca la firma dell’onorevole Cesare Damiano, già ministro del Lavoro nell’ultimo governo di centrosinistra.
L’ipotesi più accreditata è sempre quella di favorire le sostituzioni tra giovani e anziani lavoratori, di modo che uscite in anticipo e ingressi di under 30 possano via via compensarsi. Possibile, più che i bonus e le penalizzazioni nell’assegno mensile, che si intervenga con qualche misura soft, al pari di un passaggio a part time dei lavoratori più attempati, che potrebbero svolgere anche la funzione dei tutor per i nuovi assunti.
Intanto, il primo passo, già confermato, sarà quello di assicurare la pensione a tutti gli esodati accolti nel programma di recupero dei tre decreti varati dal governo Monti (mancano ancora 120mila pensioni circa). Dopodiché, potrebbe arrivare qualche novità importante per evitare il rischio, come ha notato in question time anche lo stesso ministro Giovannini, di trovarsi con migliaia di esodandi che, a stretto giro, andrebbero a ingrossare le file degli esodati di fatto.
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