Come noto, la mediazione civile obbligatoria era stata bocciata dalla Corte costituzionale per alcuni profili di illegittimità, soprattutto di carattere procedurale, che ne avevano viziato l’approvazione in Parlamento. All’indomani della sentenza, però, l’allora Guardasigilli Paola Severino e gli altri esponenti della maggioranza – simile a quella che oggi appoggia l’esecutivo Letta – avevano ribadito la bontà e l’efficacia dell’istituto, sviscerando i dati sulle cause chiuse prima dell’approdo in Aula e sottolineando l’emersione del nuovo professionismo dei mediatori.
Aspetti che, in realtà, non sono mai stati condivisi da alcune tra le categorie principali del mondo giustizia, in rappresentanza degli avvocati, le quali non hanno nascosto il proprio disappunto verso la strada della mediazione obbligatoria, affidando le proprie proteste ai megafoni delle organizzazioni di rappresentanza. Allo stesso modo, dunque, non appena uscì la sentenza della Consulta, quelle stesse sigle che avevano osteggiato la conciliazione, esultavano per la decisione presa dalla Corte, che obbligava a rivedere natura e applicazione dei tavoli diplomatici tra parti in causa.
Ora, con il decreto del fare, la mediazione è tornata improvvisamente di attualità, in una veste rinnovata, ma quasi identica alla precedente, con l’esclusione della materia inerente i procedimenti a seguito di sinistri stradali e, soprattutto, con durata e costi più ristretti.
Oltre a ciò, la nuova disciplina prevede che tutti gli avvocati iscritti all’Albo siano riconosciuti a norma di legge come mediatori di diritto, in modo che le loro prerogative professionali non vengano schiacciate in una fase pre-processuale tale da limitarne il raggio d’azione.
Ma non basta: i detrattori della mediazione tornano e con forza a farsi sentire dopo il decreto del fare. E’ il caso, ad esempio, dell’Anai, che stigmatizza tutte le nuove sfumature incostituzionali contenute nella mediazione enunciata dal decreto del fare di questo mese di giugno. “la mancanza di indipendenza, di professionalità e di trasparenza delle Camere di conciliazione private (più di mille autorizzate con il silenzio-assenso). A ciò si aggiunge – spiega il presidente De Tilla – l’assenza nei mediatori di una specifica professionalità con mancanza di specializzazione, qualificazione e perizia”.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’Oua, che oggi si riunisce a Roma proprio per discernere il tema del ritorno della mediazione civile, e, per bocca del presidente Nicola Marino, sottolinea 2″che 1 milione di cause in meno, come annunciato da diversi ministri all’epoca, questo sistema nella sua applicazione concreta ne ha intercettato al massimo alcune decine di migliaia. Ma anche con esiti qualitativamente mediocri”.
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