I tre giudici, tutte e tre donne, che formano il collegio avranno a disposizione ai fini della sentenza tutto il tempo necessario, anche se le voci che circolano anticipano il verdetto già per il primo pomeriggio. La maggior parte dei testi convocati dalla difesa di Silvio Berlusconi, compresi onorevoli, ospiti illustri, ma anche cantanti, show girl e camerieri, hanno tutelato l’’eticità’ delle cene di Arcore assicurando che fossero “eleganti” e null’altro. Da queste ricostruzioni, dunque, le esigue testimonianze contrarie rilasciate da alcune delle ragazze invitate alle ‘feste’, avvalorando il contenuto delle gravose intercettazioni, non avrebbero fatto altro che riportare una falsa verità. In realtà, è diventata oramai palese la sussistenza di un subordinato, secondario circuito, oltre a quello più ‘degnamente’ istituzionale e contenuto, che la stessa procura ha definito nel corso del dibattimento e senza mezzi termini un vero e proprio “sistema prostitutivo”, lo stesso che per Berlusconi, preoccupato di ridimensionare il tiro, è rimasto al massimo una divertente “gara di Burlesque”.
Ed è qui che entra in gioco Karima El Mahroug, conosciuta come Ruby. La ragazza ha sempre negato di aver fatto sesso con il Cavaliere. E’ poi lo stesso Berlusconi ad aver sempre ritenuto infondata, sorvolando su decine di intercettazioni e soprattutto sulle ragioni pubbliche del divorzio, l’accusa secondo cui nelle proprie abitazioni avessero luogo incontri di natura sessuale con ragazze appositamente convocate e per le medesime ragioni messe a disposizione. La duplice negazione è servita alla difesa per confutare l’incriminazione per prostituzione minorile, declinando la mera essenza della bagarre processuale entro i toni dell’accanimento politico. Nonostante ciò, l’accusa non ha mancato di esporre ai giudici svariate prove convalidanti la sussistenza di un intricato mercato ‘sessuale’ di cui la stessa Ruby e gran parte delle “papi girl” di casa ad Arcore erano le assolute protagoniste insieme proprio all’ex premier Berlusconi, il quale, a detta dell’allora minorenne ragazza marocchina, era “pazzo di me”. Il significato delle banconote da 500 euro che la minorenne sventolava quali simboli di successo per l’accusa è dunque tutt’altro che complicato da svelare: il compenso dell’ingente e potente nuovo cliente (appunto Silvio Berlusconi) per la nuova giovanissima affiliata al “rito del bunga bunga”.
La seconda imputazione, quella per concussione, è scattata invece a seguito della ‘strana’ telefonata che il leader Pdl fece nella notte a cavallo tra il 27 e il 28 maggio 2010. Berlusconi chiama di persona da Parigi chiedendo di parlare con il capo di gabinetto della questura, sostenendo che in quel preciso momento, sottoposta a fermo, ci sarebbe la nipote di Mubarak e che dunque per risolvere la questione vuole inviare “il consigliere ministeriale” Nicole Minetti. Proprio quello stesso ‘autorevole’ consigliere che all’epoca dei fatti, nonostante le singolari titolarità per svolgere l’incarico, poteva ancora mantenere una certa aura di rispettabilità, ma che invece, come ora ampiamente appreso da giornali e media, di ‘onorabilità’ ne aveva ben poca o certamente qualcosa di diverso da ciò che ci si sarebbe aspettato da una figura istituzionale: è infatti noto come la stessa Minetti fosse particolarmente apprezzata ad Arcore per via di succinti strip-tease con tanto di abito da suora. Ruby, già identificata, alla questura risultava essere una marocchina di 17 anni, scappata da una comunità dov’era stata precedentemente inserita dal tribunale dei minori di Messina. L’effetto della telefonata dell’ex premier, che per l’accusa costituisce appieno un atto di concussione con abuso della proprie qualità, ricoprendo al momento dei fatti la presidenza del consiglio, per la difesa al contrario configura una semplice azione giustificata da responsabilità istituzionale, oltre che una generosa forma di solidarietà.
La parola ora rimane solo al collegio….
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