Sicilia, per presidenti e assessori è giunta l’ora. Sciolti gli organi delle province

La valigia sulla scrivania, è quella di un lungo viaggio. Forse senza ritorno. Con la chiusura del primo turno elettorale per le elezioni amministrative in Sicilia, del 9 e 10 giugno scorso, cessano dalla carica anche gli organi politici delle abrogate Province siciliane.
In attesa di una riforma organica dell’architettura istituzionale, con l’ipotizzata creazione dei Liberi Consorzi dei Comuni, le Province vengono commissariate.
Presidenti, assessori e consiglieri provinciali vanno mestamente a casa. La Sicilia saluta 335 eletti nelle nove Province nel 2008.
A Catania, Trapani, Ragusa e Caltanissetta le nomine erano già state fatte perché già commissariate, restano da nominare gli amministratori straordinari per Messina, Palermo, Enna, Agrigento e Siracusa.
Nella città dello Stretto i paradossi finali: dall’istituzione, nelle ultime settimane, degli uffici periferici della Provincia alla surroga di un consigliere avvenuta tre giorni prima della chiusura.
A tre giorni dalla scadenza degli organi politici, si è insediato il nuovo consigliere provinciale Marcello Donato Lemma. Andrà a sostituire Fausto Pellegrino, dimessosi per ricoprire la carica di vicesindaco in un paese della provincia. Il neo-consigliere, in carica per tre giorni, ha dichiarato alla stampa che avrebbe portato avanti il suo mandato con correttezza ed avrebbe svolto il suo ruolo, per quanto breve, con onestà e lealtà. Sicuramente avrebbe fatto lo stesso per un mandato intero, ma farlo per tre giorni non costituisce sicuramente un grande sforzo.
Il primo passo di quella che per alcuni è “la rivoluzione del Presidente Crocetta” e per altri solamente la legge vessillo Giletti-Crocetta (in quanto annunciata in maniera improvvisa nel corso di una puntata di “Domenica In”) è compiuto.
Restano da compiere quelli decisivi.
La legge regionale n. 7/2013 approvata dall’Assemblea Regionale Siciliana, (51 voti favorevoli, 22 voti contrari ed un astenuto), non chiarisce nessuna delle questioni sollevate nel momento in cui si è iniziato a parlare di abolizione delle Province.
Resta da chiarire la destinazione dei 6.500 dipendenti provinciali che dovrebbe transitare verso la Regione o verso i Comuni. Nella seconda ipotesi, i Comuni rischiano di sforare i parametri del costo del personale ed, in alcuni casi, i parametri del patto di stabilità.
Non è stata nemmeno definita la destinazione dei tributi, il cui gettito è stato finora appannaggio delle Province.
Non è detto, ad esempio, se tra queste competenze rientreranno le funzioni di tutela, protezione ed igiene ambientale e se questo comporterà il diritto dei nuovi soggetti giuridici ad incassare il relativo tributo provinciale, di cui all’articolo 19 del D. Lgs. n. 504/1992.
Così come nulla è chiarito in merito alle altre entrate tributarie provinciali, a partire dalle tasse automobilistiche.
Nessun passo avanti nemmeno rispetto alla distribuzione territoriale di quegli uffici (Prefettura, Questura, Camere di Commercio, Commissioni Tributarie di primo grado, etc.) che estendevano la loro competenza sul territorio provinciale.
Queste sono tre delle tante questioni aperte che dovranno essere definite d’intesa con il Governo nazionale ma, ad oggi, non sembra che il tavolo di consultazioni sia stato avviato.
Poco o nulla è stato detto anche in merito ai nascituri Liberi Consorzi dei Comuni.
Il disegno di legge governativo prevedeva la soglia di 150 mila abitanti. Livello che consentirebbe la nascita di un numero di Consorzi superiore a quello delle attuali nove Province.
Ad oggi, l’unica cosa concreta, d’immediata attuazione, è che agli organi delle Province regionali, cessati per scadenza naturale o anticipata nel corso del 2013, si applica, sino al 31 dicembre 2013, la disciplina prevista all’articolo 145 dell’ordinamento amministrativo degli enti locali (decreto legislativo presidenziale 29 ottobre 1955, n. 6) approvato con legge regionale 15 marzo 1963 n. 16 e s.m.i..
Le Province saranno guidate da un Commissario scelto dal Presidente della Regione, su proposta dell’Assessore regionale alle Autonomie Locali.
I nuovi Amministratori straordinari si troveranno ad affrontare enormi problemi di natura finanziaria. Per la copertura delle spese obbligatorie mancherebbero 80 milioni di euro. Nel 2013, dal bilancio delle Province sono stati tagliati 150 milioni di euro, frutto dei minori trasferimenti nazionali e regionali.
A rischio gli stipendi dei dipendenti, il pagamento delle bollette di luce, gas e telefono delle scuole, le manutenzioni delle strade.

Luciano Catania

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