Che dalle parti delle istituzioni persistesse la volontà di allungare gli artigli su un prodotto ormai molto in voga tra i fumatori in cerca di liberarsi dal viziaccio, era ormai palese. Ma ora, prende corpo l’ipotesi di una vera e propria equiparazione tra le e-cig e le classiche bionde, secondo i dettami della legge Sirchia che dal 2005 ha vietato tassativamente il consumo di sigarette nei locali pubblici, chiudendo per sempre l’era dei ristoranti, dei pub e dei bar all’acre odore del tabacco in combustione.
Oggi, dunque, il Consiglio superiore di sanità prenderebbe in esame di introdurre un divieto del tutto simile anche per i vaporizzatori inodore da alcuni mesi parecchio in voga, che sovente si vedono funzionare sia nei locali pubblici che negli uffici.
Si tratta, sostanzialmente, di portare in Italia un principio già avanzato Oltralpe nella vicina Francia, dove la settimana scorsa, in occasione della giornata mondiale contro il tabacco, è stata resa nota una proposta di legge volta a inibire anche al consumo delle sigarette elettroniche, vietandone la vendita ai minori, proibendone l’utilizzo in luoghi pubblici e vietandone la pubblicità, proprio come avviene con le grandi industrie del tabacco.
Insomma, si avvicinano tempi duri per tutti coloro che avevano intravisto nella e-cig la possibilità di liberarsi dalla schiavitù del fumo e, insieme, risparmiare sensibilmente nell’esborso per il vizio peggiore di tutti: insieme a questo giro di vite sui luoghi pubblici, infatti, da qualche tempo è nell’aria anche la possibilità che venga introdotta una tassa sul prodotto, fortemente richiesta dalle associazioni dei tabaccai che vedono i loro incassi sempre più risicati.
La base del ragionamento è che, trattandosi di un prodotto a base di nicotina, dovrebbe essere sottoposta alle medesime accise delle sigarette che si trovano nelle rivendite autorizzate. Un passo che potrebbe anche aprire la strada a un futuro monopolio di Stato anche verso gli svapatori elettronici.
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