Furono sedici, le ferite inferte da Kalil Kamoja, all’apice di un impulso d’ira presumibilmente intensificata dalle condizioni alterate del ragazzo, visibilmente ubriaco, nei confronti dell’impotente Zhora, a cui l’accanita violenza del proprio aguzzino non lasciò possibilità di rivalsa. L’arma, fu un coltello con una lama lunga venti centimetri i cui fendenti si rivelarono implacabili e mortali. La rocambolesca fuga fu facilmente stanata grazie all’utilizzo da parte del killer del proprio telefono cellulare. Tutte le tappe del precipitoso tentativo messo in atto dal fuggitivo furono infatti, fin da Sanremo, costantemente tallonate a distanza dagli agenti del commissariato. Dopo essersi sbarazzato dell’arma del delitto, peraltro mai ritrovata, l’uomo, chiamando un taxi e con i vestiti ancora impregnati di sangue, raggiunse alcuni amici presso la località di Ventimiglia, dove rimase a trascorrere la notte. Soltanto il giorno successivo fu accompagnato a Mentone per poi essere definitivamente fermato dalla gendarmeria.
Nell’udienza processuale del 16 maggio scorso, il pm Marco Zocco, presentando la rispettiva requisitoria dopo la pronuncia, durante la precedente seduta, della difesa, curata dal legale Paolo Burlo, ha confermato la richiesta di condanna al massimo della pena, la quale tuttavia entro le forme del rito abbreviato potrebbe raggiungere un massimo di 30 anni. Alla condanna all’ergastolo per l’omicidio, il pubblico ministero ha anche aggiunto la richiesta di 4 anni per il reato di stalking. Stamane, l’udienza davanti al gup Maria Grazia Leopardi, dovrebbe inaugurarsi con l’ascolto della replica della difesa, a cui poi farà seguito la lettura del verdetto. Il pronunciamento, atteso per giovedì scorso, è dovuto slittare ad oggi dal momento che la scorsa udienza è stata integralmente impegnata dalle repliche del pm e della parte civile, entrambe concernenti soprattutto fattori di rilevanza tecnico-giuridica ai fini dell’aggravante dello stalking. Zied Baghouri Zied, l’oppressore ‘amico della vittima’, è chiamato infatti a rispondere oltre che di omicidio, anche di atti persecutori, in quanto colpevole, secondo gli inquirenti, di aver reiteratamente molestato, importunato e minacciato di morte la donna prima di ucciderla.
Ed è proprio sull’aggravante messo sul tavolo degli imputati che si è giocata la partita tra difesa ed accusa, e su cui ora verterà il responso dei giudici. In caso, infatti, nei riguardi dell’imputato non fosse ascritto il reato di stalking potrebbe scaturire una, seppur sensibile, contrazione di pena. L’incriminazione per atti persecutori, in realtà, sembra trovare legittimo fondamento su più di una prova. Gli innumerevoli episodi di violenza di cui si era reso protagonista Zied Baghouri Zied, ostinatamente interessato alla ragazza e più volte da lei respinto, sembrano infatti trovare conferma nei seguiti ricoveri della donna al pronto soccorso, oltre alle diverse denunce depositate ai Carabinieri. Durante la replica del 16 maggio anche l’avvocato Luigi Patrone, che tutela i parenti della vittima, non si è mostrato discorde con la linea sostenuta dal pubblico ministero, mantenendo, in tal senso, salda la richiesta di 300mila euro di risarcimento. Non resta che aspettare il verdetto del giudice Leopardi.
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