Entrano in vigore da oggi le nuove norme, legislative e tecniche, sulla notifica telematica degli atti processuali.
Ne abbiamo parlato qualche tempo fa, con particolare riferimento al processo amministrativo, evidenziando pregi e difetti, punti di forza e criticità della vecchia disciplina. Ma da oggi il nuovo sistema sembra essere abbastanza completo, non presentando più quelle lacune che lo rendevano rischioso per gli avvocati, enon affidabile per i tribunali.
E’ intanto opportuno tratteggiare brevemente il percorso svolto dal Legislatore nel prevedere e regolamentare le notifiche via posta elettronica certificata.
L’evoluzione normativa.
Passaggio cruciale è l’art. 25 della legge di stabilità 2012, che da gennaio del 2012 consentiva agli avvocati di effettuare notificazioni senza l’ausilio dell’ufficiale giudiziario, non solo per mezzo degli uffici postali, ma anche per mezzo della posta elettronica certificata, adattando la disciplina contenuta nella risalente legge 21 gennaio 1994 n. 53, che consente agli avvocati di sostituirsi all’ufficiale giudiziario ed eseguire le notificazioni a mezzo del servizio postale. Secondo la legge 53, l’avvocato deve innanzi tutto ottenere, una tantum, la previa autorizzazione del proprio consiglio dell’ordine, e deve munirsi di un apposito registro cronologico dove annotare ogni singola notificazione. A quel punto, il legale abilitato, che già dal 1994 in tal modo può notificare da qualsiasi ufficio postale verso qualsiasi luogo del territorio italiano, dall’inizio del 2012, può notificare i suoi atti processuali via PEC.
Questo l’assunto della legge di stabilità 2012: “la notifica e’ effettuata a mezzo della posta elettronica certificata solo se l’indirizzo del destinatario risulta da pubblici elenchi. Il notificante procede con le modalita’ previste dall’articolo 149-bis del codice di procedura civile, in quanto compatibili, specificando nella relazione di notificazione il numero di registro cronologico di cui all’articolo 8” (vecchio art. 1 comma 3-bis della legge n. 53, da oggi interamente soppresso).
Sono tuttavia sorte numerose problematiche applicative, che hanno indotto gli avvocati a procedere con molta cautela, di fatto rallentando l’operatività di questa potenziale rivoluzione telematica; ciò in particolare, a causa di alcune lacune nella regolamentazione tecnica, sulle modalità di redazione del messaggi di PEC, sui formati dei file da allegare, e sui documenti da depositare in giudizio.
Peranto, con l’art. 16-quater del DL 18 ottobre 2012 n. 179 (il cd. decreto Crescita 2.0) convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, il Governo ha voluto rilanciare tale strumento processuale, ridisegnando la disciplina in questione in un nuovo unico articolo della legge 53/94, l’art. 3-bis.
Pur mantenendola nel corpo della legge n. 53, dunque, ha tuttavia distinto nettamente tale disciplina da quella delle notifiche per mezzo del servizio postale, lasciando in comune solo il principio basilare di cui all’art. 6 della legge n. 53, secondo cui “l’avvocato o il procuratore legale, che compila la relazione o le attestazioni di cui agli articoli 3, 3-bis e 9 … e’ considerato pubblico ufficiale ad ogni effetto”.
Vengono meno, tra l’altro, sia l’obbligo di assolvimento delle modalità di cui all’art. 149-bis cpc (che tornano ad essere esclusivamente riservate alle notifiche telematiche tramite ufficiale giudiziario), sia l’obbligo di detenere un registro cronologico (che rimane invece regola cardine delle notifiche per mezzo del servizio postale).
Il Decreto Crescita 2.0, proprio per ovviare alle suddette lacune di ordine tecnico, ha inoltre previsto l’adozione di un decreto del Ministro della Giustizia con cui venissero riscritte le regole tecniche sulla notifica telematica, già contenute all’art. 18 del DM Giustizia 21 febbraio 2011 n. 44, e che peraltro si riferivano solo alle notifiche “tra” avvocati.
Questi aggiornamenti sono stati emanati poche settimane fa con DM 3 aprile 2013 n. 48, che ha modificato esclusivamente l’art. 18 del DM 44/2011, tra l’altro rinominandolo “notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati”.
Entrata in vigore e piena operatività anche per il processo amministrativo.
L’entrata in vigore di questa disciplina – che analizzeremo nel dettaglio da qui a poco – non ha seguito la legge di conversione del Decreto Crescita 2.0, in vigore dal 1 gennaio 2013, ma è rimasta subordinata all’adozione del suddetto Decreto Min. Giustizia: l’art. 16-quater, infatti, stabilisce che le novità si applicano “a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta” del detto decreto ministeriale. Il DM è stato pubblicato nella GU dello scorso 9 maggio, per cui, ai sensi del suddetto art. 16-quater comma 2 del DL n. 179/2012, la nuova disciplina, legislativa e regolamentare, della notifica via PEC, è pienamente vigente da oggi venerdi 24 maggio 2013.
Quanto all’operatività di queste norme, sia legislative che regolamentari, si ritiene che essa sia piena anche nel processo amministrativo, benchè le regole tecniche del Min. Giustizia riguardino solo il processo civile e penale: e infatti, l’art. 39 comma 2 del Codice del processo amministrativo così sancisce: “le notificazioni degli atti del processo amministrativo sono comunque disciplinate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile”.
Il nuovo procedimento di notifica via PEC: presupposti e condizioni.
Analizziamo le nuove norme, cercando di capire cosa bisogna fare per non incorrere in declaratorie di inammissibilità o improcedibilità.
Innanzi tutto, è sparita la necessità di annotare ogni notifica via PEC nel registro cronologico previsto dalla legge n. 53, come anche chiarito dal parere del Consiglio di Stato in sede consultiva sul nuovo DM. Tuttavia, tra i contenuti necessari della relata di notifica vi sono “gli estremi del provvedimento autorizzativo del consiglio dell’ordine nel cui albo e’ iscritto”.
L’avvocato notificante, oltre che autorizzato dal suo Ordine, dovrà inoltre utilizzare esclusivamente la propria casella di PEC risultante da pubblici elenchi.
Anche con riferimento al destinatario, la notifica potrà effettuarsi solo ad indirizzi risultanti da pubblici elenchi.
Ora, l’elenco pubblico delle pubbliche amministrazioni è disponibile su www.indicepa.gov.it.
Per quanto riguarda imprese e professionisti, sono ormai tutti obbligati per legge – dal 30 giugno 2013 anche le ditte individuali – a dotarsi di un indirizzo PEC valido ed identificativo della propria attività. Peraltro, dal 19 giugno dovrebbe essere operativo l’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti, il cd. INI-PEC, liberamente consultabile da chiunque; in ogni caso, fino ad allora gli elenchi PEC di professionisti e imprese sono generalmente reperibili presso i siti web degli Ordini e collegi professionali e del Registro Imprese.
Per quanto concerne le persone fisiche, se non sussiste alcun obbligo di munirsi di PEC, tuttavia è stata da poco prevista la formazione di un elenco pubblico di pec facoltative dei cittadini: il nuovo art. 3-bis del CAD, introdotto dal Decreto Crescita 2.0, afferma che “è facoltà di ogni cittadino indicare alla pubblica amministrazione un proprio indirizzo di posta elettronica certificata quale suo domicilio digitale”. Tale indirizzo verrà “inserito nell’Anagrafe nazionale della popolazione residente-ANPR“, che, ai sensi dell’art. 16-ter del medesimo Decreto, dal 15 dicembre 2013 potrà essere utilizzato quale pubblico lenco ai fini della notificazione degli atti processuali.
Quanto agli atti notificabili via PEC, dunque, vi rientrano pacificamente – oggi anche in base alle nuove regole tecniche dettate dal DM n. 48/2013 – tutti gli atti che vanno notificati alle parti costituite, e dunque da inviare alla PEC dell’avvocato costituito in giudizio (nel processo amministrativo, ad esempio, lo sono il ricorso incidentale, i motivi aggiunti, le impugnazioni).
Quanto agli atti che vanno notificati alla parte personalmente, ciò sarà per il momento possibile solo nel caso in cui si tratti di professionisti, imprese o pubbliche amministrazioni: e la cosa, quanto meno nel processo amministrativo, è assai frequente.
Quale forma per l’atto processuale da notificare?
Posto che la notifica si esegue allegando l’atto al messaggio di posta elettronica certificata, va chiarito come tale file allegato debba essere formato.
La prima possibilità è che l’atto processuale non venga mai stampato fino a notifica avvenuta: è il caso in cui l’avvocato redige l’atto in modalità elettronica e lo sottoscrive con firma digitale. Lo sforzo informatico del legale, tuttavia, sarebbe vanificato da un procura ad litem analogica: pertanto anche la parte dovrebbe predisporre con un file separato la sua procura in forma elettronica, e sottoscriverla con firma digitale in presenza dell’avvocato, affinchè quest’ultimo possa autenticarla e sottoscriverla digitalmente ai sensi dell’art. 25 comma 2 del D.Lgs. n. 82/2005 (cd. CAD).
Per il perfezionamento della notifica, dunque, l’avvocato allegherà al messaggio PEC entrambi i documenti informatici, pienamente validi e rilevanti.
Si tratta, ictu oculi, dell’ipotesi maggiormente preferibile dai più, ma tuttavia allo stato assai remota.
L’ipotesi più comune, ancora per qualche tempo, sarà dunque quella della notifica telematica della copia informatica di un atto processuale formato su carta, già contenente la procura ad litem, a margine o in calce, autenticata con firma autografa: la copia informatica di un atto analogica è consentita dalla nuova disciplina anche “per immagine”, e cioè anche attraverso una semplice scansione che, sulla copia informatica così generata, non consente il riconoscimento informatico del testo dell’atto, allo stesso modo di una fotografia.
L’avvocato potrà dunque allegare al messaggio di PEC tale copia informatica, senza necessità di apporre su di essa la sua firma digitale, ma a condizione che ne attesti la conformità all’originale cartaceo nel corpo della relazione di notifica (con le modalità che vedremo meglio in seguito).
Per l’ipotesi in cui la procura ad litem sia stata rilasciata ed autenticata su foglio separato dall’atto a cui si riferisce, anche per essa, esattamente come per l’atto processuale, il nuovo art. 18 DM n. 44/2011 oggi in commento prevede la possibilità per l’avvocato di estrarne copia informatica, anche per immagine, ed attestarne la conformità nella relazione di notifica.
Anch’essa, infine – come la suddetta procura in forma elettronica – si considera apposta in calce all’atto cui si riferisce se viene allegata al messaggio di PEC insieme all’atto da notificare (comma 5 del nuovo art. 18 DM 44/2011).
Quanto ai formati, in entrambi i casi suesposti (atto processuale informatico ab origine da un lato; copia informatica dell’originale cartaceo dall’altro) i relativi file allegati alla PEC dovranno essere privi di elementi attivi (ad esempio, macro e campi variabili).
Inoltre, dovranno essere redatti nei formati consentiti dalle specifiche tecniche che il Ministero della Giustizia, in esecuzione dell’articolo 34 DM 44/2011, ha reso note il 18 luglio 2011: .pdf, .odf, .rtf, .txt, .jpg, .gif, .tiff, .xml, .zip, .rar, .arj.
Come va predisposto il messaggio di PEC?
Di seguito il contenuto necessario e sufficiente del messaggio di posta elettronica certificata ai fini di una corretta notifica telematica.
In primis, esso deve indicare nell’oggetto la dizione: “notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994”.
Dovranno essere allegati quanto meno due documenti informatici: oltre all’atto processuale da notificare (nonchè la procura ad litem se separata dall’atto a cui si riferisce) andrà allegata anche la relazione di notificazione, che dunque non va più inserita nel corpo del messaggio di PEC, come prevedeva la vecchia disciplina.
La relazione di notificazione deve essere dunque redatta su documento informatico separato, ed obbligatoriamente sottoscritta con firma digitale. Questo il suo contenuto essenziale:
– il nome, cognome ed il codice fiscale dell’avvocato notificante;
– gli estremi del provvedimento autorizzativo del consiglio dell’ordine nel cui albo è iscritto;
– il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale ed il codice fiscale della parte che ha conferito la procura alle liti;
– il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale del destinatario;
– l’indirizzo di posta elettronica certificata a cui l’atto viene notificato;
– l’indicazione dell’elenco da cui il predetto indirizzo e’ stato estratto;
– l’ufficio giudiziario, la sezione, il numero e l’anno di ruolo, per le notificazioni effettuate in corso di procedimento;
– la già citata attestazione di conformità agli originali cartacei delle copie informatiche allegate alla PEC, a norma dell’articolo 22 comma 2 CAD; sebbene la norma non lo chiarisca, tale attestazione di conformità dovrà riguardare certamente l’atto processuale, ma anche l’eventuale – seppur insolita – procura cartacea separata.
Per i più appassionati di diritto dell’informatica, si noti che l’attestazione di conformità delle copie informatiche per immagine di documenti formati su supporto analogico, ai sensi dall’art. 22 comma 2 CAD, serve a garantire alla copia informatica la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono estratte, e richiede la sussistenza di alcune condizioni:
– che la conformità sia attestata da un notaio o da altro pubblico ufficiale;
– che tale dichiarazione sia allegata al documento informatico a cui si riferisce;
– che sia asseverata secondo le regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71 Cad.
Se i primi due requisiti erano rispettati già dalla previgente disciplina (ed oggi lo sono ancora, ai sensi, rispettivamente, dell’art. 6, e dell’art. 3bis comma 5 della legge n. 53 del 1994), il requisito dell’asseverazione, a causa della mancata emanazione delle regole tecniche ivi richiamate, costituì uno degli intoppi principali alla diffusione dell’istituto.
La norma tecnica in vigore da oggi, invece, supera l’empasse sostituendosi – seppur limitatamente alle notifiche telematiche – alle regole mancanti previste dall’art. 71 Cad, precisando che l’asseverazione prevista dall’articolo 22, comma 2, del CAD, si può compiere “inserendo la dichiarazione di conformità nella relazione di notificazione”.
Quando si perfeziona la notifica?
La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall’articolo 6, comma 1, del DPR 11 febbraio 2005 n. 68.
Per il destinatario, invece, essa si perfeziona nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall’articolo 6, comma 2, del medesimo Dpr.
A tal proposito, la nuova norma tecnica precisa che tale ricevuta di avvenuta consegna dovrà essere quella completa di cui all’articolo 6 comma 4 del medesimo Dpr, e cioè dovrà essere “completa del messaggio di posta elettronica certificata consegnato”, compresi i file ad esso allegati.
A nostro avviso, la ricevuta completa rileva soltanto ai fini del corretto deposito in giudizio dell’atto notificato via PEC – come si dirà meglio appresso – e non ai fini del perfezionamento della notifica per il destinatario, per cui ci sembra sufficiente la ricevuta cd. “parziale”.
Come effettuare il deposito in giudizio?
Il nuovo art. 9 comma 1-bis si occupa delle ipotesi – allo stato quasi la totalità – in cui il processo non è ancora telematico, e di conseguenza l’atto notificato non potrà essere depositato con modalita’ telematiche.
L’avvocato in tal caso dovrà compiere l’ennesimo riversamento, questa volta dal digitale all’analogico: deve estrarre copia cartacea (a) del messaggio di posta elettronica certificata, (b) dei suoi allegati, cioè l’atto processuale, l’eventuale procura separata, la relazione di notificazione, (c) della ricevuta di accettazione, (d) e della ricevuta di avvenuta consegna; su tali copie cartacee dovrà attestare la loro conformita’ ai documenti informatici da cui sono state tratte ai sensi dell’articolo 23 comma 1 del Cad.
Come anticipato a proposito del perfezionamento della notifica, il nuovo art. 18 delle norme tecniche stabilisce che la ricevuta di avvenuta consegna deve essere quella completa: sarà dunque importante impostare in tal senso il proprio client di PEC.
L’intento può rinvenirsi in un passo della recentissima sentenza Tar Campania, n. 1756 del 3 aprile 2013, benchè riguardi l’applicazione della vecchia disciplina: “la ricevuta cd. breve di avvenuta consegna non restituisce l’intero allegato (cioè l’intero atto con firma digitale), ma solo un suo estratto codificato, la cui verifica richiede peculiari competenze tecniche e non consente al giudice di associare immediatamente la P.E.C. all’atto notificato. Si rileva infatti che l’art. 23 del codice dell’amministrazione digitale, nel delineare il concetto di copia cartacea di documento informatico firmato digitalmente, evidenzia come occorra una conformità all’originale informatico “in tutte le sue componenti”. … Conseguentemente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per la irritualità della notifica del ricorso al Comune intimato”.
In conclusione, si tratta di una disciplina certamente complessa, ma forse finalmente esente da lacune e criticità: che sia la volta buona?
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