I ricorrenti hanno poi citato la carenza di criteri chiari di regolazione dei quiz, la totale discrezionalità mostrata dagli esperti che li avevano preparati, insieme ad un’ingiustificata carenza di tempo per il completamento delle risposte. E’ invece sancito nella sentenza il sistema di preselezione, largamente legittimato dall’ordinamento primario, i regolamenti del 1994 e del 2008 richiamati nelle premesse al bando del 2011, e impossibile da censurare per il merito delle scelte anche tecniche adottate, ad eccezione di palese illogicità o manifesta incoerenza, che i giudici non hanno rinvenuto nel caso in questione. Persino le censure sulle modalità di espletamento risultano parzialmente prive di fondamento, e parzialmente inammissibili a causa della genericità. Non sarebbe stato fornito, poi, alcun elemento probante circa eventuali irregolarità in merito alla fuga di notizie, “con la conseguenza che le doglianze medesime difettano dei presupposti di veridicità dei fatti sui quali si fondano”.
Non è nemmeno attendibile il fatto che vedeva compromessa la par condicio dei concorrenti, i quali sono stati tenuti a prepararsi anche su quesiti erronei, essendo stato il rispettivo elenco comunicato pubblicamente soltanto sette giorni prima rispetto al concreto svolgimento della preselezione. La procedura è risultata dunque perfettamente valida dal momento che, nonostante i candidati abbiano dovuto studiare e ricordare a memoria la batteria dei 5,663 quesiti, ivi incluso un quinto di domande errate, si sono tutti ritrovati nelle medesime condizioni, tutti sullo stesso piano agli effetti dell’accertamento dei rispettivi livelli di professionalità e preparazione. In tema di prelazione, pertanto, salvata anche da altri Tar, la prima tornata sembra a favore della conservazione della procedura concorsuale. Per il prossimo, eventuale round bisognerà attendere invece il Consiglio di stato in sede d’appello.
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