Lo stesso neo incaricato premier Enrico Letta, nel rispettivo discorso inaugurale, aveva sottolineato la priorità dell’obiettivo del “superamento” del precariato nella Pa, impiegando lo stesso termine adoperato per l’Imusulle abitazioni principali. In maniera analoga al caso dell’Imu, tuttavia, alla necessità urgente dell’intervento si intreccia l’esigenza di reperire una copertura finanziaria, dal momento che un nuovo rimpallo dei contratti precari verrebbe a costare per le casse dello Stato tra i 100 ed i 50 milioni di euro, in base alle diverse stime. Le tempistiche serrate e l’ostacolo del finanziamento hanno di fatto spento la trattativa in corso tra sindacati ed Aran, appositamente volta ad una nuova prassi regolativa dei contratti flessibili nei pubblici uffici.
Così come anche l’ipotetica intesa, siglata senza interposizione, conoscendo il via libera della Corte dei conti, rischierebbe comunque di percorrere un iter amministrativo che ardirebbe a sforare i tempi stretti. I sindacati hanno ribadito che la proroga rappresenta esclusivamente un iniziale passo, utile ad acquisire tempo per studiare altre “soluzioni strutturali”. Sul tavolo, infatti, figura la richiesta di accompagnamento nei confronti degli attuali titolari di contratti flessibili verso misure di stabilizzazione, e così facendo di contenere la produzione di nuovo precariato attraverso l’immissione di specifici vincoli che tuttavia si assommerebbero ai blocchi già vigenti per le politiche assunzionali. Il quadro delineato è dunque tutt’altro che semplice, questo in virtù del fatto che va anche considerata la posizione dei numerosi vincitori di concorso ai quali non è stata riconosciuta ancora la possibilità di entrare nella Pubblica amministrazione proprio in ragione dei vincoli assuntivi.
Questi soggetti sono poi gli stessi che lamentano il pericolo di vedersi protrarre l’attesa con un’ulteriore proroga indirizzata invece a coloro che un posto in ufficio ce l’hanno già, pur a fronte di contratti flessibili. Il medesimo dibattito trova un’estensione naturale anche nel settore della scuola dove il precariato tocca numeri vertiginosi, si parla infatti di circa 200mila provvisori. In proposito è intervenuta, ieri, il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza la quale ha sostenuto che si è di fronte ad “un problema enorme”, ma che tuttavia non può e non deve essere posticipato in quanto “chi ha tenuto in piedi la formazione per anni -a detta del ministro- non può essere buttato via”.
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