Secondo la sentenza di Piazza Cavour, i giudici supremi nel bocciare il reclamo del ricorrente, ripresentato appunto in Cassazione, hanno efficacemente considerato le modalità di svolgimento dei fatti, “connotati da particolare insistenza ed invasività e chiaramente indirizzati anche ad ottenere contatti fisici diretti con una delle minori, indicando testualmente i brani di conversazione dalle quali detto intento era immediatamente percepibile. Hanno inoltre giustamente escluso che il mezzo utilizzato per realizzare il reato dovesse ritenersi scarsamente intrusivo come sostenuto dall’appellante”.
La Suprema Corte ha deliberato, infatti, che “il mezzo informatico e le comunicazioni mediante «chat» o «social network», rendono particolarmente agevole l’approccio anche con soggetti con i quali il contatto diretto o attraverso altri mezzi di comunicazione sarebbe senz’altro più difficoltoso, non essendo necessario disporre, ai fini di tale contatto, di dati personali (identità, indirizzo, numero telefonico etc.) e potendosi raggiungere l’interlocutore anche attraverso una semplice ricerca o l’utilizzazione dei sistemi utilizzati dalle singole piattaforme per mettere in contatto tra loro gli utenti. Rilievo non minore assume, inoltre, la velocità delle comunicazioni e la possibilità di inviare fotografie e riprese video, anche contestualmente alla loro realizzazione, attraverso dispositivi portatili”.
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